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                                                                                                        Mimì: Son bella ancora?

                                                                                                    Rodolfo: Bella come l’aurora

                                                                                                       Mimì: Hai sbagliato il raffronto.

                                                                                                                Volevi dir: bella come un tramonto.

                                                                                                                (“Bohème” di Puccini)

 

Quindici anni dopo

<< Aiutami a morire >> m’implorò tra i singulti con voce strozzata, ormai resa fioca dagli ultimi aneliti di vita.

<< Se mi vuoi bene…se vuoi preservarmi da inutili sofferenze, compi l’estremo gesto e liberami per sempre da questi patimenti >> continuò Liliana stringendo rabbiosa tra le mani ossute, con raccapricciante disperazione, un lembo del lenzuolo.

     Se le forze le avessero consentito di procedere, avrebbe posto fine alla sua esistenza da sé, ma non poteva agire, bloccata da lungo tempo, ormai, dalla immobilità cui la malattia l’aveva costretta.

     Poi si rilasciò pian piano, obbligata da un cedimento di energia.

Con gli occhi mobilissimi, spiritati, rivolse lo sguardo agli arredi della camera: “la sua prigione“, come ormai la definiva. Sembrava che le immagini le apparissero irreali o non le fossero mai appartenute. 

     In quei gesti, in quelle rivelazioni, rivedevo la scena di mio padre morente e provavo lo stesso senso di impotenza per l’ineluttabilità degli eventi che si presentavano con la stessa intensità emotiva.

     Poi copiose lacrime, invano trattenute, le sgorgarono libere solcando in rivoli il suo viso emaciato e stanco.

     Piangeva di un pianto silente che segnava il mio animo di profondo turbamento.          Meditavo: in queste condizioni la morte è solo liberazione. Liliana soffre in modo atroce e non v’è alcuna possibilità di guarigione. Iddio le rifiuta il miracolo della vita o quello della morte senza patimenti.

     «A vivere in queste stato non ce la faccio più; vedo approssimarsi la fine. Avevo promesso che non ti avrei abbandonato, che saremmo invecchiati insieme ma non potrò mantenere la promessa, non mi è concesso». Mi disse con stanchezza e desolazione.

    Non riconoscevo più la sua voce; melodiosa e ben modulata, essa era divenuta disfonica e fiacca.

    Ancora una volta svaniva in lei la speranza di una guarigione ma questa volta…forse per sempre.

   - Non lasciarmi! Non sopporto l’idea di separarmi da te e sprofondare nell’abisso della solitudine e dello sconforto. Non sarò io a compiere ciò che mi chiedi - le risposi.

       Tacque e meditò sulle mie parole.

       Il temporaneo silenzio mi permise di interrogarmi: Posso attribuirmi il diritto di disporre di una vita? E’ giusto liberare da inutili sofferenze una persona che desidera anticipare la morte?

        Assecondare la volontà di morire di un essere a me tanto caro è davvero un atto d’amore o piuttosto un’imperdonabile violenza contro Dio, causa iniziale e finale.

 

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About the Author Gianfranco Pasanisi

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La speranza è il sogno di chi é sveglio. (Aristotele)
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