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L’infausta notizia

 

   Dopo aver consultato il referto bioptico, l’oncologo manifestò chiari i segni di un profondo scoramento ed emise un infausto, agghiacciante, verdetto: - carcinoma al seno con infiltrazioni metastatiche. –

   Poi dopo una breve pausa riflessiva giunse ad una sofferta ma lapidaria decisione:  

   - Bisogna procedere a mastectomia totale. La situazione è grave. -

   Ebbi uno shock emotivo: mi sentivo mancare il terreno sotto i piedi, il mio corpo era sospeso, incapace di reagire. Quali frasi avrebbero potuto lacerare di più il mio cuore di quelle pronunciate, con indubbia competenza, dal medico?

   Ero annientato, annichilito dal dolore, dallo sconforto. Le lacrime premevano sui miei occhi, ma le ricacciai. Dovevo riferire a Liliana l’infausta notizia e dovevo sminuire la gravità del problema per iniettarle una buona dose di speranza.

   Predisposi il mio stato d’animo a elaborare una mezza verità: riferire dell’inevitabilità dell’intervento ma al contempo mostrarmi sicuro del buon esito chirurgico e della conseguente guarigione.

    Dovevo nasconderle le previsioni che erano state diagnosticate in sei mesi di vita.   

    Come si fa a dire ad una persona cara: fra sei mesi potresti non esserci più? E come illuderla senza far trasparire dal proprio volto e dallo sguardo la menzogna, la reticenza, l’intimo dramma che si consumava in me?

    Eppure trovai il coraggio e il modo meno crudele per informarla 

    - L’avevo intuìto – mi disse con apparente rassegnazione quando le comunicai con estremo mio patimento la decisione del chirurgo.

    Poi un insolito tremore s’impadronì di lei, mi prese una mano, me la tenne stretta e cominciò a premere l’unghia del suo pollice sulla pipita del mio indice.

Era il suo modo di esprimere lo scoramento. La avvolsi in un tenero abbraccio, posò la testa sulla mia spalla e su di essa versò la sue lacrime di disperazione.

   Aveva solo trent’anni, eravamo sposati da sei ed avevamo due bambini in tenera età.

   Cominciò lì il lungo dramma, durato sette anni, delle sue tribolazioni e dell’immenso dolore  mio e dei miei figli per la sua sofferenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Credo che l'art. "L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro" sia stato scritto il 1° aprile 48, ma pubblicato sulla Gazzetta un mese dopo... (C.Sias)
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