“Ho scelto te tra tante ombre,

sotto un cielo insondabile

ho  ascoltato il tuo pianto e il tuo canto,

e ho dato voce al deserto infuocato

sull’isola che adesso, per te,  c’è”.

(M.T.)

Questa è una storia vera,  una delle tante che ho ascoltato dalla voce del diretto interessato. Non è una novità che “sull’isola che non c’è” (nel senso che purtroppo non tutti sono fortunati come il protagonista della mia storia ), sbarcano tanti immigrati che hanno viaggiato sfidando la morte per cambiare vita alla ricerca di un futuro migliore, tanti disperati che hanno camminato per oltre un mese nel deserto, chi non ce la fa, muore durante il viaggio. Una parte considerevole di essi cerca di restare in vita sfidando anche il mare dove, sulle “carrette”, verranno stivati come bestie tra la sporcizia e gli escrementi, conosceranno altra fame e altre violenze,  fino al sacrificio della vita per molti che non ce la fanno,  soltanto il mare piangerà la loro scomparsa.

Non tutti possono essere aiutati quando finalmente riusciranno a sbarcare, spesso, tra di loro,  si nascondono anche personaggi non desiderabili ma è così,  in tutto il mondo, c’è gente buona e gente cattiva. La storia che segue , mi ha colpita in modo particolare ,  ho deciso di scriverla così come mi è stata raccontata.  

 

 PRIMA PARTE

IL CANTO DEL DESERTO

Tutto si consuma in una manciata di ore, le colonne di fumo dei pozzi di petrolio in fiamme vengono  offerti in dono al dio della guerra, sotto lo sguardo indifferente dell’umanità distratta. Esseri umani impauriti e stanchi, affondano rassegnati i loro piedi sulla sabbia infuocata cercando di raggiungere una meta, un sogno al di là del mare , un sogno che ha un solo profumo, quello della libertà.

Zohra, compagna di Ahmed, carica di quelle poche cose che aveva potuto racimolare prima che intorno a loro si scatenasse l’inferno, con tanta tenerezza, stringe le mani dei suoi bambini, Shamir e Alì che cercano risposte interrogando con i loro occhioni neri la loro mamma, il silenzio che ne ricevono affonda le sue radici nella millenaria storia dei padri del deserto, la donna non ha voce.

Ahmed, nel paese dove abitava, possedeva una casetta e un piccolo appezzamento di terreno che coltivava. La modesta quantità d’acqua a cui si poteva attingere sull’unico pozzo esistente nella zona, non riusciva a soddisfare i bisogni di tutti i contadini, ma lui, con tanti sacrifici, riusciva a trasportare l’acqua, così riusciva anche a produrre degli ortaggi che poi vendeva al mercato, il modesto ricavato era appena sufficiente per la sopravvivenza della famiglia.

Nei giorni precedenti il massacro, all’interno della comunità dove Ahmed abitava, si era sparsa la voce che stavano per essere attaccati , lo scopo era quello di impadronirsi dei pozzi di petrolio che arricchiva le multinazionali e impoveriva sempre di più i nativi del luogo.

Una sera, poco dopo il tramonto , il povero villaggio fu raso al suolo;  venne intimato ai superstiti, sotto la minaccia delle armi, di lasciare le loro case e tutto ciò che all’interno di esse non era stato distrutto. 

Ahmed era riuscito, in mezzo a quell’inferno a mettere in salvo la sua famiglia, adesso si chiedeva, angosciato, cosa ne sarebbe stato del loro futuro. In quei momenti drammatici , guardando annichilito le macerie di quella che era stata la sua casa , raccolse soltanto poche cose e nascose bene quel poco  denaro che era riuscito a mettere da parte in tanti anni di sacrifici. Aveva tanto sentito parlare di un’isola oltre il mare, quell’isola gli era stata descritta come un paradiso terrestre, bastava soltanto arrivarci e lì avrebbe trovato subito una casa, un lavoro e sarebbe vissuto  nel benessere.

Non ci pensò su due volte, la sua decisione era definitiva, avrebbe raggiunto quell’isola a tutti i costi insieme alla sua famiglia, sapeva già a chi rivolgersi ma doveva prima attraversare il deserto e raggiungere un porto da dove sarebbe partita la nave della speranza.

Si ricordò di un personaggio  sconosciuto , gli si era avvicinato giorni prima, il quale, con aria di complicità, gli aveva confidato di essere venuto a conoscenza che una bella nave avrebbe lasciato il porto della Libia tra un mese, i proprietari di quella nave, dietro lauto compenso, accoglievano chiunque volesse partire per raggiungere la Sicilia, lì, gli assicurò, insieme alla moglie e ai figli avrebbe potuto trovare subito un lavoro e una casa accogliente.

Ahmed non perse tempo, immediatamente prese la decisione che quella era l’unica strada verso la salvezza. Doveva sbrigarsi, il deserto non era facile da attraversare soprattutto a piedi, così, radunata la sua famiglia e altre piccole cose che servivano per la loro sopravvivenza, si mise in cammino.

Il deserto!

Avvolto nel suo jallabia bianco Ahmed osservava con gli occhi tristi la sua famiglia in cammino nel deserto. Infiammato dal sole cocente, il vento,  riportava l’eco riarso delle bombe che cadevano come pioggia rovente sulla città.

Il deserto era duro da affrontare; la disperazione avvolse il cuore di Ahmed; voltando per un attimo lo sguardo indietro per dire addio  al posto dove  lui, i suoi figli e i suoi antenati erano nati, il dolore si fece ancora più forte, sentì scorrere sul suo viso,  involontarie e calde lacrime. Si inginocchiò e pregando il suo Dio di corrergli in soccorso per tutta la durata del viaggio, finalmente si mise in cammino...

        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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