Il mio dramma si perpetuava nel fraseggio e nella musicalità delle opere: -Amami Alfredo…com’io ti amo… Era il grido d’amore di Violetta Valéry, cantato con la potenza vocale ed il trasporto passionale della Sutherland – Quadro di un realismo atroce, amore tormentoso che si rinnovava in me.
L’epilogo funesto della mia storia d’amore riviveva ne “La Traviata” ed anche in Fernando ed Eleonora di Gusman…. Oltre la tomba saremo riuniti…. Addio… È spenta…
Ed ancora:
- Che vuol dire quell’andare e venire, quel guardarmi così?
- Coraggio … E poi l’invocazione finale, disperata di Rodolfo: - Mimì…Mimì.
C’era Liliana in quel dramma, v’era la sua presenza, che si materializzava nei miei ricordi.
Gli acuti finali in si bemolle o la cupa tonalità di re bemolle minore rilevavano gli ultimi aneliti di vita o la conclusione del dramma: acme in cui il crescendo della musica e del pathos interpretativo, gonfiavano le emozioni, che lievitavano in me e sempre più crescevano e toccavano l’apogeo della tensione passionale.
Un’esplosione emotiva deflagrante frantumava il cuore in mille pezzi, al pari di cristallo che colpito da contundente si sbriciola in minuscoli cocci.
Poi le emozioni si purificavano in un piacevole alleggerimento. L’inquietudine cedeva alla serenità e alla conciliazione interiore.
Provavo una percezione di liberazione, efficace medicina alle mie afflizioni spirituali, che placando i miei sensi mi concedeva la catarsi che solo la musica sa dare.
Erano quelli i momenti in cui ritornavo a vivere.
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