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Scritto da Carmen Cantatore. Pubblicato in Prosa il 13 Apr 2017.
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Ricevetti l'incarico via e-mail. Lì per lì la cosa mi fece ridere ma quando lessi l'importo del compenso non ci pensai due volte e corsi a preparare la valigia. Ammetto che non fu molto facile, dovetti attraversare mari e monti per raggiungere il mio obiettivo ma, si sa, per la gloria avrei fatto carte false.

Seguendo le indicazioni arrivai dritto dritto all'antro ciclopico che ospitava il gigantesco personaggio. Provai a tossicchiare, nulla. Pestai con i piedi per terra, nulla. Dopo una buona mezz'ora sentii uno scalpiccio e dal buio apparve un vecchietto mezzo ingobbito. Alto era alto, certo e in mezzo alla fronte aveva un bernoccolo mostruoso. Mi guardò e chiese che diavolo ci facessi lì. Preso alla sprovvista non trovai di meglio che presentarmi, gli dissi che ero un giornalista e che avevo avuto l'incarico di intervistare il terribile Polifemo - Lo conosceva? -. Per tutta risposta buttò là che era stufo di incontrare giornalisti occidentali che con le loro stupide domande lo mettevano in imbarazzo.

"In imbarazzo?" chiesi io.

"Si, certo in imbarazzo. Tutti si aspettano di trovare un orco mostruoso con un occhio solo in mezzo alla fronte..."

Lo interrupi: "Un orco mostruoso... ma sarebbe lei il famigerato Polifemo?" domandai.

"Ecco, lo sapevo, un altro giornalista da strapazzo, un quaquaraquà... " e mi guardò malevolo "... che crede sia tutto vero quello che si scrive sui libri di storia! Non fate così anche oggi?"

Rimasi in silenzio e riflettei sulla questione più antica del mondo: la storia si ripete. Poi chiesi:

"Lei non ha un occhio solo in mezzo alla fronte, com'è possibile che il figlio di un re si sia inventato una fandonia simile?"

"Certo che no, non si trattò di una vera invenzione, purtroppo prese fischi per fiaschi, vede? Ho un grosso bernoccolo in mezzo alla fronte, sono nato così. Vuole che le racconti come andò?"    Mi chiese spazientito.

"Certamente" risposi "sono qui per questo!"

"Eh, quella notte quando rientrai nella mia grotta dove custodivo le pecore dopo il pascolo, il fuoco era già acceso e la mia ombra allungata sul lato opposto della grotta spaventò talmente i forestieri che corsero a nascondersi nei cantucci. Se ne stavano accovacciati dietro alcuni massi e in mezzo alle crepe della caverna ma io che ho l'udito molto fino, percepii lo sbattere dei loro denti..."

Fece una pausa e si sedette accanto al fuoco mentre io ascoltavo attentamente e siccome non dava segno di proseguire lo incitai:

"Non vorrà dirmi che l'eroe famoso col nome di Ulisse e i suoi coraggiosi compagni la temevano?"

"Ulisse? Ah, questo era il suo nome? Pensare che 'nessuno' lo seppe e per tutti rimase il personaggio oscuro che era. Per indicarlo prendemmo, appunto, l'abitudine di identificarlo come Nessuno e questo scrivemmo sul suo corpo quando ce ne liberammo."

A questo punto ero incredibilmente curioso e molte sensazioni si agitavano in me. Se solo mi avessero creduto sarebbe stato lo scoop del secolo! Ma che dico, del millennio e continuai:

"Mi sta dicendo che fu lei a dare questo nome al figlio di Laerte?

Polifemo non si degnò nemmeno di rispondere ma riprese il suo racconto.

"Cominciai così a cercare tra i massi e gli anfratti della grotta per capire di che si trattasse e quando scovai i primi due li scaraventai fuori. Ero convinto che non ce ne fossero altri ma il rumore continuava così cercai più accuratamente e ne trovai molti altri. Non sapevo cosa farne, temetti ne arrivassero ancora a turbare la mia solitaria quiete così l'indomani li chiusi nell'antro e me ne andai a pascolare il mio gregge riflettendo sul da farsi."

Ascoltavo sbalordito il racconto, l'altra versione dei fatti che nessuno aveva mai raccontato e mi chiedevo se i contemporanei avrebbero creduto ad una storia così balzana che metteva in discussione le eroiche gesta del figlio di re più famoso al mondo!

"Ma non penserà che io creda a questa storia? E come avrebbe fatto a liberarsi degli uomini valorosi che avevano lottato contro una delle potenze a quel tempo più forti nel mediterraneo?" proferii incredulo.

Polifemo mi guardava di sottecchi cercando di comprendere quali fossero le mie considerazioni ma proseguì senza badare alla mia sorpresa.

"Il giorno successivo, al pascolo, mi consultai con gli altri pastori della zona che, al pari mio, volevano custodire e proteggere il nostro territorio da invasori d'oltre mare. Ognuno diceva la sua. Sapevano benissimo che, se fosse giunto il conquistatore, avremmo perso l'autonomia, le greggi, la libertà e l'indipendenza."

Riflettevo su queste conclusioni rendendomi conto della validità delle argomentazioni.

"In fin dei conti non c'era molto che allettasse un regno straniero..." ma nemmeno stavolta mi rispose forse dando per scontato che il territorio fosse una motivazione sufficiente. Dovetti convenire.

"Così decidemmo che ci saremmo liberati di quegli ospiti sgraditi una volta per tutte" proseguì il 'ciclope' "ci organizzammo  e stabilimmo che sarebbe stato opportuno far loro dimenticare ogni riferimento che portasse a noi. Ci venne un'idea. Avevamo sperimentato in passato gli effetti devastanti di una sostanza che si ricavava da un frutto dolcissimo. Cresceva in grossi grappoli appesi a piante rampicanti di cui erano ricche le nostre colline. Il frutto non dava alcun sintomo ma il suo succo aveva conseguenze terribili su di noi, tanto che ognuno la considerava pianta velenosa. Il giorno seguente andai alla ricerca dei due supersiti scacciati dalla grotta ma ne trovai i corpi annegati sulla riva del mare non molto lontano dalla loro nave abbandonata. Così decisi che come il mare li aveva portati da noi, così il mare li avrebbe allontanati."

Ora cominciava a prendere forma la versione dei fatti che il mondo ancora non conosceva. Nella mia mente si faceva strada una storia altrettanto inverosimile che ero impaziente di ascoltare ma dovevo assolutamente avere le idee chiare, v'erano delle lacune e chiesi pronto a contestare:

"Abbia pazienza! La nave non era abbandonata, Ulisse aveva lasciato almeno una trentina di uomini a bordo a custodia di tutto."

Ma egli rispose sempre più spazientito:

"Non mi crede? Allora cos'è venuto a fare qui? Vuole sapere la verità? Vuole che le racconti come sono andate le cose?"

Mi zittii e lo lasciai proseguire pronto ad intervenire alla panzana successiva.

"Così, durante i giorni a venire," proseguì Polifemo " raccogliemmo con attenzione una quantità sufficiente da produrre abbastanza liquido per il nostro piano. Continuavo a lasciare quegli uomini chiusi nella grotta quando andavo al pascolo anche se loro mi rubavano il cibo che mi serviva per vivere ma era molto più importante proteggere il popolo e l'isola che abitavamo. In breve fummo pronti e dopo tanto sbattere di denti, una sera rientrai allegro e mi rivolsi loro con parole amichevoli offrendo il nostro prezioso prodotto. Essi, appena ne annusarono l'aroma si rianimarono e timidamente uscirono dai tanti nascondigli. Io cercai di essere molto gentile e giustificai la prigionia raccontando loro che nei dintorni si aggiravano creature mostruose da cui volevo proteggerli. Non furono molto convinti ma, quando offrii loro il succo della frutta che avevo con me, si animarono e in men che non si dica trovarono il coraggio di avvicinarsi per saziarsi di quella terribile bevanda. Fu molto più facile di quanto pensassi, temevo che ne conoscessero gli effetti e la rifiutassero. Incredibilmente, pur sapendo di cosa si trattasse, bevvero avidamente fino all'ultima goccia. Tutti!"

Non riuscivo a proferir verbo, la storia era incredibilmente assurda. Era esattamente l'opposto di quel che il mondo conosceva ma non osai interrompere l'arzillo vecchietto che continuò:

"A quel punto non rimaneva che attendere gli effetti del veleno e, quando infine crollarono per le conseguenze, chiamai tutti gli altri pastori. Ogni corpo fu portato alla nave che stava ancorata vicino alla costa. Erano decine. L'impresa richiese parecchie ore, il sentiero fino alla spiaggia era impervio, bisognava superare un tratto di mare portando a spalla tutto quel peso ma, infine, il piano funzionò. Liberammo l'imbarcazione dalle funi di ancoraggio e i venti di Nettuno la portarono con sé, lontano oltre l'orizzonte."

Ero sbalordito! Avevo appena ascoltato la versione inversa del millenario racconto originale.

"Per un lungo periodo organizzammo le vedette sui monti per scorgerne un eventuale ritorno ma non accadde mai nulla di tutto quello che temevamo. E adesso, se permette, ho le mie pecore da governare, vogliono essere munte e rifocillate, le ho raccontato tutto quello che so, si levi dai piedi e mi lasci portare a termine i miei compiti."

Me ne andai pensieroso, silenzioso, offeso, dubbioso. Persino io faticavo a credere alle mie orecchie e non potevo immaginare quali effetti avrebbe avuto una storia simile raccontata al mondo, ammesso che qualche media avesse accettato di pubblicare una simile intervista.

 


Carmen Cantatore

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