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Scritto da Gianfranco Pasanisi. Pubblicato in Prosa il 17 Feb 2017.
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(Linguaggio pervasivo – burocratico)

 

 

Donato RUCOLA entrò nella Stazione dei Carabinieri stralunato e con l’aria smarrita di chi si trova ad affrontare una situazione assai nuova per lui. Ricordando di avere la coppola in testa, prontamente se la tolse, come faceva quando portava le uova fresche delle sue galline al signorino.

Per l’occasione aveva indossato il vestito della festa, quello buono, di fustagno marrone. Sotto la giacca, troppo attillata, risaltavano una camicia a quadri variopinti e un’appariscente cravatta rossa dal nodo enorme.

Tutto impettito faceva roteare con le dita della mano destra il suo copricapo e si domandava come avrebbe fatto a esporre, senza rischiare di non farsi capire, quello che gli era capitato.

Pensava: Con l’autorità bisogna stare attienti a quello che dici, sinnò si capita di carceriere a carcerato… Ma guarda cosa era capitari proprio a me che non sono avuto a che fari mai con la leggi e che non sono fatto mai manco il testimonio.

Era assillato da questi pensieri, quando un appuntato gli si avvicinò con portamento militare e con voce tonica, gli domandò: «Che cosa desidera?»

«Dicie a mme? No desidero nienti, devo fari solo denunzia perché mi hanno rubato alla casa mia di campagna» rispose con un sussulto il pover’uomo, spaurito.

«Se deve produrre denuncia, per la ricezione vada in quella stanza» disse, con voce impostata, l’appuntato indicandogli l’ufficio.

Lo sventurato assunse un contegno, si sistemò la cravatta serrandosela al collo, prese con le due mani la coppola, se la accostò al petto, sforzandosi di assumere un’aria la più ossequiosa possibile e si avviò, con lo spirito di chi va alla guerra, in direzione della stanza indicatagli.

Entratovi, sentì che gli tremavano le gambe. Volse lo sguardo svagato intorno a sé e vide, seduta dietro la scrivania, la figura imperiosa del Maresciallo TORRE.

«Avanti, avanti! Si accomodi pure» ingiunse il sottufficiale, indicando una sedia posta davanti a lui, di là del tavolo.

RUCOLA, con titubanza, si sedette e attese con rassegnazione di essere sottoposto al supplizio».

<<Perché è qui? >> chiese il Maresciallo con tono reboante.

«Giuro, Marescià, che stanotte mentre tormivo a casa mia, sono entrati i ladri e allora debbo fare la denunzia» si schernì Donato.

Poi preso il coraggio a due mani, continuò: «Giuro, Marescià, io abbito in campagna e vivu solo, mi porto annanzi quel poco di terra che ci ho e la cortivo giusto pi mangiari e campo vindendo quel poco che raccoglio».

«Allora lei è un villico» lo riprese Torre.

«No, Marescià, lu villico è il signorino, io abbito vicino alla villa, in quedda casodda tutta scarruffata. So’ contadino.»

<< Bene, bene!>> Riprese il maresciallo col suo consueto intercalare. Poi seguitò:<< Per consentirci di esperire le dovute indagini, al fine di assicurare alla giustizia l’autore del fatto e di recuperare la refurtiva, è necessario che mi descriva le circostanze di tempo e luogo relative al reato perpetrato a suo danno>>

Il graduato si rese conto che si era espresso in modo incomprensibile per l’umile campagnolo ma il suo linguaggio faceva ormai parte di sé, come la divisa che gli era stata cucita addosso.

Cercò e finalmente trovò un tono e delle espressioni lessicali più concilianti per farsi intendere: «Raccontami i fatti. Cosa è successo, che ti hanno rubato? Che cosa hanno portato via?>> Recitò il Maresciallo sorridendo.

Il malcapitato raccolse tutte le sue energie e cercò, al meglio, di esporre i fatti: «Stanotte durmivo, Marescià, e allora hanno scassato il portieddo della cucina e di là sono trasuti in casa e si hanno portato, giuro, il portafoglio che stava sobbra il comò con deci mila liri che erano dentro e la bon’anima della mia moglie che era d’argentu.»

«Vabbè! Ho capito» continuò ancora sorridendo il sottufficiale. Poi si avvicinò alla macchina per scrivere, inserì tre fogli bianchi con due strati di carta carbone e cominciò a dattilografare:

 

Oggetto: Ricezione di denuncia orale afferente furto aggravato punito e perseguito dal combinato disposto degli art.624 - 625 e resa daE qui si fermò.

«Declini le sue generalità o esibisca un documento d’identità, perché dobbiamo procedere a verbalizzazione»disse, in burocratese, rivolto al trasecolato Rucola. Poi si riprese: «Dimmi come ti chiami, dove e quando sei nato, in che anno, in quale paese abiti e in che via perché dobbiamo scriverlo.»

Il buon Donato si sentì rassicurato e, sia pure con qualche difficoltà, fornì le sue generalità: «Mi chiamu Donatu Rucola, so’ nato qua a Trelizzi il dieci di gennaio ti l’anno millenovecentotre e iabito in campagna vicinu alla villa di lu signurinu in contrada Pozzi, so’ vedovu.»

Il Maresciallo riprese a scrivere dal punto in cui aveva interrotto, con l’abilità di un provetto dattilografo.

Il contadino si sentì liberato di un peso, soddisfatto di aver risposto bene alle domande di TORRE.

In men che non si dica il Maresciallo compilò la ricezione di denuncia, sfilò dalla macchina i fogli, vi appose i timbri “d’uopo”, conservò nel cassetto la carta carbone e si appressò a leggere l’atto appena redatto.

Rucola assunse l’atteggiamento di chi ascolta, portando la mano a coppa all’orecchio destro, quello da cui sentiva meglio, per raccogliere con attenzione ogni singola parola del militare.

Il carabiniere lesse speditamente.

 

Oggetto: Ricezione di denuncia orale afferente furto aggravato, punito e perseguito dal combinato disposto degli artt.624-625 C.P. e resa da Donato RUCOLA, nato a Trelizzi il dieci di Gennaio dell’anno millenovecentotre, quivi residente e domiciliato in questa contrada Pozzi, case sparse, senza numero civico, vedovo.

L’anno millenovecentosessantatre, addì tredici del mese di maggio nella Stazione Carabinieri di Trelizzi davanti a Noi sottoscritto, Ufficiale di Polizia Giudiziaria, Maresciallo CC TORRE Saverio è presente RUCOLA Donato, meglio in oggetto generalizzato, il quale per ogni effetto di legge denuncia quanto segue:

Durante la trascorsa notte, approfittando dell’ora buia e del fatto che ero dormiente, ignoti ladri, effranta la finestra della cucina della mia abitazione ubicata in questa contrada Pozzi, case sparse senza numero civico, si sono ivi introdotti asportando un portafogli contenente una banconota di £. 10.000 (diecimila) e un porta ritratto in argento ove era la foto della consorte defunta, entrambi situati in bella vista sul comò della mia camera da letto. ============

Si precisa che quanto sottratto è posto in capo a me medesimo.

Fatto, letto, confermato e sottoscritto in data e luogo di cui sopra.

L’Ufficiale di Polizia Giudiziaria          Il Denunciante

 

Resa lettura dell’atto, il Maresciallo TORRE firmò nello spazio a lui riservato. Poi, indicando il rigo fissato per il denunciante, chiese a RUCOLA di apporvi una firma.

Il “villico” si mise in piedi, prese con mano sicura la penna e, dopo aver disegnato nell’aria un ghirigoro, solcò il foglio con un ampio segno di croce, il migliore tra quelli che avesse mai tracciato.

Il militare dell’Arma appose quindi la dicitura di rito: Segno di croce di RUCOLA Donato, analfabeta.

 

Al tempo dell’episodio narrato, come si desume dall’Atto, correva l’anno millenovecentosessantatre. Ho detto correva ma avrei dovuto affermare corse… e il tempo a seguire ha galoppato a tal punto che si è giunti all’anno duemilatredici, esattamente cinquant’anni da quel furto perpetrato (scusate il termine) ai danni di Rucola.

Nei primi di Gennaio, il Brigadiere dei Carabinieri Totaro Fernando, bravo archivista della Stazione CC di Trelizzi, nell’ordinare in un voluminoso faldone una ricezione di denuncia da lui ricevuta e trascritta, rinvenne ormai ingiallito il documento in “narrativa”.

Preso dalla curiosità, volle comparare le due denunce e grande fu la sua sorpresa quando scoprì che mutatis mutandis nulla era cambiato rispetto al linguaggio burocratico usato dai suoi colleghi, mezzo secolo prima. Vi erano le stesse espressioni artificiose, le stesse frasi incomprensibili ai non addetti ai lavori. Si rese conto che ciò creava distanze incolmabili tra cittadini e istituzioni. Colto da un raptus innovativo, si mise al lavoro e col computer riformulò tutti i modelli prestampati degli Atti di Polizia Giudiziaria da destinarsi ai colleghi Carabinieri. Il tutto con un linguaggio chiaro, semplice, accessibile a tutti.


Gianfranco Pasanisi

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