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Scritto da Carmen Cantatore. Pubblicato in Prosa il 01 Feb 2017.
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 Dovete sapere che le fiabe, come tutte le storie, nascono da fatti reali. Oggi si chiamerebbero 'leggende metropolitane' ed io che amo riflettere, ho imparato a cercare una verità nei racconti che la mia mamma narrava nelle sere d'inverno davanti al camino... Ehm, comincio già a farmi prendere la mano. Dovete sapere che i personaggi delle fiabe sono esistiti veramente. In tempi antichi esseri umani come noi facevano le stesse cose che facciamo noi e, come ora, venivano riportate di bocca in bocca: i pettegolezzi, appunto. Nessuno sfuggiva a questa procedura. Per quanto si tentasse di mantenere i segreti, puff, essi saltavano fuori quando meno se lo aspettavano. E via, di bocca in bocca! Ogni lingua metteva del fiato e la cosa ingigantiva, ingigantiva, ingigantiva... Biancaneve e Cenerentola non furono da meno, due povere ragazze sprovvedute con la convinzione di sapersi proteggere! Vivevano in due paesi vicini, lungo le rive di un fiume che bagnava tutti i villaggi del regno. Entrambe vivevano nella trepida attesa del loro Principe Azzurro ma, ancora, non si conoscevano. Il governatore di quel territorio aveva un figlio, un po' deficiente per la verità, era anche un bel giovanotto ma, a detta delle voci maligne, i genitori s'erano impegnati molto per il suo fisico, nulla per il suo cervello, tant'è che passava le sue giornate a cavallo convinto com'era di mostrare il meglio di sé. Le fanciulle del regno rimanevano affascinate dall'aitante centauro che le corteggiava spudoratamente ma, dopo alcuni brevi incontri, l'idillio finiva tra erre strascicate, esse scivolate e stridenti vocali strillate in falsetto al vento. Ragion per cui il giovanotto non era ancora riuscito ad impalmare alcuna donzella per garantirsi la discendenza. E questo la dice lunga sulle sue impellenze. Le comari di ogni villaggio non facevano che stare sedute sulla porta di casa e, ogni volta che il baldo pretendente passava, scovavano nuovi particolari per arricchire le loro deliranti profezie su un possibile matrimonio. E lui continuava a cavalcare il suo puledro ormai stanco di portare a spasso tanto ignobile cavaliere. Il quadrupede vantava nel suo pedigree un antico avo di nobile lignaggio ma di stirpe somara, ragion per cui ogni tanto puntava le zampe anteriori, disarcionandolo. Fu così che conobbe Biancaneve, a seguito di una caduta da cavallo, dovrei dire da somallo, vista la genealogia ma non perdiamoci in chiacchiere. Dove eravamo? Ah, si, il somallo. Biancaneve, poverina, tutta preoccupata lasciò il bucato in riva al fiume per correre in soccorso del guapo che la guardò con occhi sdolcinati conquistandola immediatamente. Perduti ognuno nel volto dell'altra, si promisero nuovi incontri non appena il possente fondo schiena del malcapitato fosse guarito. Quando il deretano del nostro eroe fu di nuovo in forze, le galoppate ripresero con più foga di prima e tutte le comari stavano in apprensione. Oramai le verginelle da marito cominciavano a scarseggiare, infatti, ogni fanciulla che aveva avuto l'onere di consumare alcuni incontri con un tale esponente del buon partito, in breve dribblava gli appuntamenti e convolava felicemente a giuste nozze con un esemplare forse un tantino più zotico ma sicuramente dal cervello più fino. A questo punto le comari pettegole, provinciali e meschine aguzzarono la vista per tenere d'occhio il figlio del governatore, annusando l'aria gravida di novità. Non passò molto tempo che il nostro protagonista inciampò (è proprio il caso di scrivere) su Cenerentola a zonzo per i boschi, in cerca di legna per il suo camino. Lui, l'erede, con la testa fra le nuvole pensando a Biancaneve, non se ne avvide e quasi calpestò la dolce fanciulla che, per lo spavento, svenne. Il cavallo, molto più intelligente del cavaliere, con un guizzo scartò sul sentiero, puntò le zampe anteriori e con un colpo di reni, atterrò il suo carico giusto giusto davanti al naso della bellissima Cenerentola. Inutile dire che quando la giovane riaprì i suoi dolcissimi occhioni fu subito amore. Tornando verso l'avita dimora, l'impaccio del nostro eroe era evidente: in breve aveva incontrato ben due fanciulle ed una lo intrigava più dell'altra ma, tapino, non avrebbe saputo dire quale. Iniziò così un parapiglia di incontri che lo vedevano ogni sera stremato dalle innumerevoli cavalcate tra un villaggio e l'altro ben deciso, poveretto, a far sì che nessuna delle due promesse scoprisse lo squallido intrigo. Figuratevi le comari, quando cominciarono a subdorare tutta la messinscena. Un vento impetuoso di tramontana portava ogni giorno nere nuvole di chiacchiere e calunnie in ogni dove. Non passò molto tempo che alle due fanciulle sortissero spontanee alcune inquietanti domande. La prima volta fu quando Romualdo, questo il nome dello sprovveduto spasimante, per puro caso lisciando i neri capelli di Biancaneve sussurrò al suo orecchio: "Quanto ti amo, Cenerentola!" In un primo momento lei credette di avere inteso male ma lui, sognante, ripeté di nuovo le stesse identiche parole. Si alzò imbronciata e tornò a casa, piantandolo solo soletto nel bel mezzo del bosco. Lungo la via incontrò una vecchia ciarlona che, vedendola sconsolata, le chiese il perché di tanto abbattimento e la giovane scoppiò a piangere. Alla vecchia megera non sembrò vero di poter raccontare tutti i pettegolezzi del paese e attaccò una solfa che durò per tutto il cammino fino al villaggio e il sentiero s'inzuppò di lacrime. "Eh, cara mia, altro che Principe Azzurro era quello!" Naturalmente la stessa cosa accadde a Cenerentola perché Romualdo era proprio tonto. Fu lei, la giovane colf del sindaco, a decidere la strada da intraprendere, era abituata alle difficoltà, lei, era abituata ai soprusi, lei, per questo motivo non se ne ebbe troppo a male. Inoltre, nei giorni del corteggiamento, ebbe sentore della cosa, essendo sempre stata una figlia molto riflessiva e osservatrice e non le erano sfuggiti gli sguardi delle tronfie comari. Determinata a difendere la propria onorabilità prese in mano la situazione e si recò da Biancaneve. In un primo momento dovette affrontare l'ira furiosa del Pelide Achille... Ops, no, scusatemi, questa è un'altra storia... Certo è che incavolata lo era davvero e poco ci mancò che venissero alle mani. A Cenerentola fu necessaria tutta la pazienza e la soave sensibilità per trattenere la rivale dal compiere gesti inconsulti ma, con la gentilezza proverbiale che la dura vita aveva sviluppato in lei, seppe porsi nella giusta prospettiva e la piccola pantera si calmò. Per un giorno intero confabularono insieme,architettando una degna vendetta finché raggiunsero, concordi, una risoluzione: si sarebbero mostrate insieme, a passeggio, per tutti i villaggi del regno, felici e contente, ridendo e scherzando, allegre più che mai, dimentiche delle amare vicissitudini subite. E fu così che Biancaneve e Cenerentola (rigorosamente in ordine alfabetico) si svegliarono e scoprirono che quello stronzo del Principe Azzurro le aveva fottute tutte e due... Non si persero d'animo, unirono le doti peculiari di cui andavano sommamente fiere e lo mandarono a farsi un bidone di sorci verdi... Come se li sarebbe fatti sarebbe stato un problema suo... Ma tutte e due continuarono a vivere felici e contente, meglio di prima!


Carmen Cantatore

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Povera et nuda vai philosophia , dice la turba al vil guadagno intesa. (Petrarca)
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