(Atto Unico)

Personaggi:

Eugenio       

Prostituta

Veggente

Danzatrice

 

 

Scena Prima

Parco pubblico di una città anonima, oggi. Al levarsi della tela Eugenio, un uomo in tarda età, siede su una panchina del parco. Elegante, in completo bianco, con un crisantemo all’occhiello della giacca, si regge con le mani incrociate su un bastone che tiene tra le gambe. Luci soffuse: un occhio di bue proietta un fascio luminoso su Eugenio.

 

Eugenio= Da qui passerà, prima o poi. Sono pronto a incontrarla, a riceverla con le dovute maniere, come si conviene a una discreta signora.

L’attendo da tanto. Le faccio la corte nei miei pensieri, l’invoco al mattino, il pomeriggio, la sera, in tutte le ore del giorno, ma ella è sorda ai miei richiami.

Ma qui verrà, prima o dopo. E’ inevitabile che arrivi. E’ certo. Mi riconoscerà e mi porterà con sé. Infine, saremo uniti per sempre, abbracciati fuori del tempo.

Il desiderio di lei non sa aspettare, brucio dalla smania di essere suo, di lasciarmi trascinare nell’ abisso dell’inconoscibile, di vedere con lei il levarsi del sole in un altro luogo, sconosciuto ma attraente, ignoto eppure desiderato.

Con lei troverò la pace che non ho mai trovato in me, smorzerò le angosce,         cancellerò i sensi di colpa che si annidano nell’animo ferito.

Ella sarà la bonaccia dopo la tempesta, l’arcobaleno dopo la pioggia, l’oblio dei tempi più bui, il mio sollievo.

Scena Seconda

Eugenio, più Prostituta

Una signora anziana, della stessa età del protagonista, si materializza sulla scena nei panni di una prostituta. Passeggia intorno ad Eugenio, mimando carezzevoli  blandizie.

Il fascio di luce illuminerà appieno Eugenio. Intorno, luce soffusa.

Eugenio= Chi sei? Sei apparsa dal nulla come inquietante fantasma.

Prostituta= Sono colei che ti ha elargito effimeri piaceri, che ha nutrito le tue trasgressioni e che ti ha disilluso. Mi mostro antonimia delle virtù che hai coltivato nel campo fecondo della tua intima sostanza. Sono la pianta inaridita sullo sterile terreno dell’anima.

Eugenio= Sei tu che hai disorientato la mente impedendomi di discernere tra il bene ed il male, che mi hai indotto ad atti riprovevoli, inconfessabili anche a me stesso.  Hai obnubilato la mente, sconvolto la ragione e la volontà, mi hai reso incostante e contraddittorio, incapace di controllare le passioni. 

Va’ via, avanzo di casino. Sei la mia cattiva consigliera.

Prostituta =Non ti affrancherai facilmente da me. Mi ritiro, ma sarò presente, allignata e pervicace, nei tuoi tormenti. Sarò la zona d’ombra del tuo radioso esistere, la nuvola grigia che oscurerà le tue innumerevoli giornate di sole, sarò l’elemento inquinante delle limpide acque del tuo inconscio. Ci rivedremo presto: comparirò dal nulla, come ho fatto ora, sopraggiungerò inaspettata e sgradita ospite. (Scompare mentre le luci del proscenio si attenuano).

Eugenio: Nulla mi distoglierà dal desiderare la donna che qui attendo. Il nostro sarà un appuntamento presagio di grande alleanza, di ristoro alle mie pene, di  liberazione del peso dell’esistenza.

Scena terza

Eugenio, più veggente

Veggente (Lo stesso personaggio che vestiva i panni della prostituta). Indossa ampio mantello nero e nella mano sinistra regge una sfera di cristallo che, con ampio gesto della mano destra, mostra a tratti.

Eugenio = E tu chi sei?

Veggente = Non mi riconosci? Sei stato tu ad evocarmi.

Eugenio = Non ho evocato nessuno.

Veggente = Eppure lo hai fatto

Eugenio =   Quando?

Veggente = Nell’ istante in cui ti sei lasciato andare alla memoria del tuo passato, quando hai ricordato quel peccato di tanti anni fa: una figlia che hai abbandonato e che non hai mai voluto conoscere e che senza volere hai conosciuto proprio ieri.

Eugenio = Ieri?

Veggente = Si. Tu eri seduto qui, dove sei ora, e ti si è accostata una donna con un bambino.

Eugenio = La bella signora dagli occhioni verdi e il frugolo dai riccioli d’oro?

Veggente = Si, proprio loro. Ora ricordi? Avete parlato tra voi ed è nata da subito tenera empatia: eravate sospinti da reciproca, inspiegabile attrazione. E’ stato come se vi conosceste da sempre. Quella donna è tua figlia e quel bambino con cui hai  giocherellato è tuo nipote: egli ti ha sorriso e tu, ti sei sciolto in amorevoli carezze.

Sai, entrambi ti somigliano molto.

Eugenio (portando una mano sugli occhi). Vuoi ingannarmi!  Non è credibile ciò che dici.

Veggente = Invece è tutto vero. Lei si chiama Loretta come tua madre e il bimbo, Eugenio, proprio come te. Rifuggi dalle tue paure, affronta la realtà con le sue frustrazioni e le sue prove. Rivelati padre e nonno affettuoso e loro sapranno perdonarti, con la forza dell’amore.

Hai ancora dei conti da pagare, onora il tuo debito e tornerai felice per il resto dei tuoi giorni.

Eugenio = Tu, menti. Non ho debiti da saldare.  Ho solo assecondato il destino, ho recitato la parte che mi è stata assegnata e che ho interpretato da consumato attore.

Veggente = Hai rimosso la memoria, sommersa da un riposto pensiero. Un amico, vittima incolpevole della tua cupidigia è stato da te tradito per il vile denaro.

Egli ancora soffre per l’oltraggio che hai arrecato all’affetto che c’era tra voi. L’amicizia, come ogni altra forma d’amore, è ciò che è più necessario all’esistenza di un uomo. Hai privato te stesso dell’essenziale, non ti sei nutrito del bene, del sentimento vero, assoluto, che riempie il cuore, che crea emozioni, che rende vitali. Hai preferito il vuoto della solitudine che riempi del compiacimento di te, del tuo egoismo.

Eugenio= Ho fatto ciò che andava fatto, per preservare me stesso.

Veggente = Sei pervaso di cieca superbia ma la tua presunta superiorità, l’alterigia, il falso orgoglio   non ti aiuteranno ad essere te stesso, ad alleviare i tuoi    turbamenti

Eugenio (brandendo il bastone a mezz’aria) Va’ via, megera, vile menzognera. Non turbare i miei pensieri; non renderò insonni le mie notti, agitate dal rimorso. Non ho rimpianti. Ho seguito l’istinto di sopravvivenza comune a tutti gli uomini normali.  

“Sono uomo e nulla di ciò che è proprio dell’umanità mi è estraneo”.

(La veggente scompare nel buio della scena)

 

Scena quarta

Eugenio, più danzatrice

La danzatrice (Stessa che vestiva i panni della prostituta). Indossa tutù, calzamaglia e scarpette rosa. Nel sottofondo “La Vie En Rose “cantata dalla Piaff

Danzatrice= Scoprirai quanto bello è il tramonto di questi tuoi giorni: ha gli stessi colori e tonalità della tua alba.

Il sole continuerà a splendere, la pioggia ti bagnerà ancora, il vento giocherà con i tuoi capelli canuti, vedrai ancora rifiorire la primavera nei campi, tripudio di odori e colori, ancora la neve imbiancherà per te la cima dei monti, slanciati nel cielo. T’incanterai alla vista del mare placido e delle turbinose maree, gusterai il sapore dei frutti maturi che danno l’estate e l’autunno e ancora, allieteranno i tuoi giorni il sorriso di una madre, l’abbraccio della figlia e dell’amico ritrovati e ti commuoveranno le moine innocenti   di un bimbo.

Verrà il momento dell’estremo saluto, di quell’incontro fatale che aspetti da tempo ma finché questo non accadrà rimani e amami ancora come mi hai amato in passato, sapendo che l’amore verso di me è come tutti gli amori, fatto di gioie ma anche di sofferenze, di dolci afflizioni.

Invochi invano la donna del tempo eterno, ella verrà quando la sorte lo vorrà, quando si sarà compiuto il tuo destino. Ora è il tempo della serenità.

La danzatrice si avvia fuor di scena, danzando. Musica e parole della “Vie en rose”   irrompono ad alto volume.

Eugenio segue la danzatrice quasi a volerla ghermire.

 

 

Cala la tela

  

 

 

 

 

 

  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0