Le bilance dell’impercettibile

Mi trovai proiettato, non so come, né il perché, in un bizzarro paese dal nome bislacco: PESOLANDIA.

I suoi abitanti erano gaudenti e felici e si aggiravano per le anguste stradine con l’espressione di chi dà il giusto peso alle cose e alla vita.

Incuriosito, mi addentrai tra i vicoli del centro storico e un’insegna, ormai sbiadita, m’indicò un’antica bottega su cui campeggiava la scritta: “Le bilance dell’impercettibile”.

Ancor più attratto, vi entrai.

Mi accolse il viso bonario e il sorriso rassicurante di un signore dalla lunga barba da frate che, con fare ospitale, mi diede il benvenuto:

«Prego, non abbia titubanze, si accomodi. Qui è tutto gratis.» Asserì con voce serafica.

Il suo sguardo sereno esprimeva letizia e profonda gioia, che trasmetteva con sottile empatia.

 

Mi guardai intorno. Ero affascinato. C’erano bilance di tutti i tipi: antiche e moderne. Quel luogo era un museo in cui erano state raccolte, con amorevole cura, pese di ogni epoca a testimoniare il progredire dei congegni che misurano la forza di attrazione esercitata sui corpi dalla terra.

«Trovo tutto molto interessante». Sottolineai, esprimendogli approvazione.

«Ma mi spieghi l’arcano… Perché le bilance dell’impercettibile?» Gli domandai.

«Alla sua domanda, non voglio rispondere. Lo capirà da sé al termine della visita». Replicò con sorriso furbetto.

Poi, invitandomi con un ampio gesto della mano, mi accompagnò lungo il percorso espositivo.

La prima bilancia che mi mostrò era del tipo più classico, uno strumento orizzontale che reggeva all’estremità due piatti di uguale misura.

«E’ la pesa che ha in mano la giustizia nella sua rappresentazione iconografica».Mi spiegò. Poi proseguì: «Essa è raffigurata in perfetto equilibrio».

«Ma l’esemplare mostrato è inclinato. Ha forse i piani di diverso peso?»

Gli chiesi alquanto sorpreso.

Egli mi rispose senza esitazione:

«No, signore. Hanno esattamente lo stesso carico. Eppure, come vede, non sono perfettamente stabilizzati e in linea. Ciò accade perché la giustizia non sempre èequanime e spesso pende dalla parte dei più forti. Questo strumento, in particolare, è un reperto storico. È stato usato nel passato dai tiranni, dai despoti nazisti, sovietici, cinesi e africani, nei loro tribunali speciali. E ancor oggi c’è chi ne fa abituale e discriminato uso>>

Le sue parole m’inquietarono e cominciai a percepire il significato della scritta posta sulla bottega.

Proseguendo il nostro giro, sostammo davanti a un dinamometro e l’ospite m’intrattenne nella doviziosa descrizione:

«Il piatto è collegato ad una molla che si allunga e si comprime lungo un’asta graduata che fornisce la pesata richiesta. È una bilancia facile da usare ma non permette di confrontare il peso di due oggetti. È l’utensile prediletto dagli egocentrici, dagli arroganti, da  coloro che tengono conto solo della loro verità e che non amano confrontarsi con gli altri. È preferita, in breve, da quelli che temono misurarsi con i contrappesi.»

La sua enunciazione fu accompagnata dall’espressione furbetta che avevo colto poco prima e che sembrava volesse dirmi: «Comprende ora?».

Gli rivolsi uno sguardo carico di perspicacia, che egli raccolse con altrettanta acutezza.

Conversando, pervenimmo alla postazione, dove era in mostra la bilancia pesa-persone. Anche qui il simpatico barbuto si abbandonò alle sue disquisizioni: «Vede, signore? Essa è imprecisa. Non segna mai la misura giusta. È dotata di un congegno psicologico che non permette di registrare il peso reale ma quello che ci si aspetta segni sull’emisfero graduato. Ha il vantaggio di creare delle illusioni, soprattutto in chi vorrebbe sottoporsi a rigorosa dieta, ma non ci riesce.»

L’esposizione cosi meticolosa e ricca di particolari mi strappò un sorriso. Percepivo che quel garbato signore, con amabile disinvoltura e senza darla a vedere, si prendeva gioco di me. Stetti al suo svago. In fondo trovavo la cosa interessante e la visita non era ancora conclusa.

Ora eravamo in prossimità della bilancia automatica, di quella, per intenderci, usata dai salumieri e dagli alimentaristi. Ero a conoscenza che fosse dotata di due scale di misura, una per i chilogrammi e l’altra per i grammi ma non immaginavo ciò che l’esperto andò a precisarmi:

«Come vede, qui vi è un solo piatto, su cui va posto l’oggetto da pesare. La prima scala ha una gradazione corrispondente a una sensibilità piuttosto elevata e l’altra piuttosto bassa. È una bilancia che può essere utilizzata indifferentemente dai cinici e dai sensitivi, secondo la gradazione di cui si vuol tener conto».

Ora il mio sorriso si era trasformato in un riso composto e educato che alleviò lo spirito fino alla mostra delle misurazioni elettroniche.

«Qui abbiamo dei congegni ad alta tecnologia, in grado di misurare pesi infinitesimali. Essi sono graditi ai cavillosi, ai puntigliosi e a coloro che sono privi di ogni dignità morale, alle persone senza valore».Dissertò l’interlocutore, indicandomi moderni strumenti d’avanguardia.  Poi proseguì: << Ciò che desta meraviglia, è il pezzo forte della collezione>>.

Tale sorpresa era situata in una rientranza del doppio muro dell’ampio salone: un letto di legno posto in perfetto equilibrio su un centro di gravità e collegato ad alcuni strumenti di misura.

Il singolare giaciglio, più che una bilancia, mi apparve uno strumento di tortura.

<<Ora eseguiremo un interessante esperimento e lei farà da cavia>> mi propose la simpatica canaglia.

Mi fece distendere in linea col fulcro. Alle mani, ai piedi, al torace mi sistemò i misuratori e m’invitò a non muovermi.

Superata la tensione, su suo invito, mi rilassai completamente.

Dall’impianto di filodiffusione si propagò una musica celestiale e un fine dicitore recitò, con voce calda “Il madrigale appassionato” di Garcia Lorca:

Vorrei essere sulle tue labbra

per spegnermi nella neve

dei tuoi denti.

Vorrei esser sul tuo petto

per sciogliermi in sangue.

Il fluire dei versi e il sottofondo musicale mi suggestionarono.

Poi il lettore declamò:

Vorrei che tutta la mia anima

entrasse nel tuo corpo piccolo

ed essere io il tuo pensiero

ed essere io la tua bianca veste.

Fui pervaso da intensa commozione e l’asse s’inclinò dalla parte della testa.

<<Questa, potrei definirla la bilancia dell’anima>> mi disse, a fior di labbra, l’arguto accompagnatore. Poi proseguì:<< Pesa le emozioni e l’attività cognitiva. E’ una strabiliante scoperta di Angelo Mosso, medico e fisiologo italiano, vissuto negli ultimi anni dell’ottocento. Con tale invenzione si è attestato che specifici impulsi emotivi fanno affluire sangue al cervello>>.

Il mio stupore celebrò il compiacimento della guida.

Ci avviammo così verso l’uscita.

Immaginando che la visita fosse terminata, non vedendo altra esposizione, mi appressai a congedarmi dal gradito intrattenitore ma questi mi fermò disegnandosi sul volto la solita espressione da birbante.

«La sua esplorazione non è finita. Lei, caro signore, si trova su un basculante detto comunemente bilico. Viene utilizzato per misurare oggetti dall’enorme peso, che in senso figurato potremmo definire aggravio, affanno e in senso esteso carico, fardello. Ora soppesa la sua vita passata. Essa risulta grava di delusioni, di dolore, di sofferenza. Si liberi della zavorra che appesantisce il suo vivere. Rimanga con noi. Qui il peso è relativo e potrà, qualora lo voglia, usare le bilance dell’impercettibile.»

Così terminò, il suo dire, il signore dalla lunga barba.

Mi accomiatai da lui, serbando i grani della sua filosofia.

                                                                                   Gianfranco Pasanisi

 

 

 

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