- Come va? E il lavoro? Una bella carriera, non c’è che dire.

I tuoi stanno bene?

E dimmi, te la ricordi ancora quella pensioncina in Versilia, appena dietro le spiagge dei Ronchi, seminascosta nella pineta, lungo la strada grande che portava alla stazione di Massa?

Solo pochi metri di strada a piedi, sotto il sole, per raggiungere gli ombrelloni.

Ci passavamo l’estate negli anni sessanta, col tormentone di Piero Focaccia “Stessa spiaggia, stesso mare.”

Ricordi? -

 

E intanto rivedevo quei luoghi; sentivo di nuovo ogni sensazione, il profumo dei pini, i raggi del sole sul viso e il rumoreggiare del mare in lontananza.

Era solo il terzo giorno del nostro soggiorno. Camminavamo l’uno accanto all’altra, verso la spiaggia, con il resto della compagnia intorno. Mi prendesti la mano con naturalezza, come se ci fosse stato un accordo sottinteso. Non mi toccò nemmeno lontanamente il pensiero di ritrarmi, ma il cuore ebbe un sussulto diverso, emozionante esplosione di azzurro. Su quella spiaggia, la nostra spiaggia, in controluce attraverso l’imbroglio delle ciglia socchiuse, vedevo il mondo intorno a me per la prima volta con occhi nuovi e fra me e il sole c’eri tu, che sembravi un dio greco, dorato dall’estate e profumato di mare. Eravamo appena quindicenni. Due ragazzini come tanti, sale sulla pelle e brividi nuovi. La chimica aveva fatto il suo corso per un amore fresco, spuma di mare sui turbamenti adolescenziali.

Ti ho pensato spesso, ma il tuo viso è sempre stato un po’ confuso, forse perché già allora ti guardavo fisso negli occhi, cercando conferma di ciò che avrei voluto leggervi, o che solo intuivo e che non ci dicemmo mai. Fu solo un piccolo innamoramento acerbo, senza seguito, ma ci ripenso spesso.

 

Avrei mille cose da chiedere dopo tanti anni… ma riesco appena a dire:

- Lele, ti ricordi? –

 

 

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