La Regina. (delle Dolomiti)
Camminavo da ore, quando, inciampando su un sasso, alzai gli occhi e incontrai lei: la montagna, la maestosa regina della terra, inquietante ed incantevole governatrice: in quel tramonto pareva sprigionare tutta la sua grandezza.
Sui suoi pendii si stendevano fitti boschi, ormai anziani, di un oscuro verde.
Non resistetti e, senza accorgermene, mi trovai sui sentieri nascosti tra la vegetazione: i ciottoli scricchiolavano sotto i miei passi, accompagnati da una terra rossastra ed umida.
Lì, nascosto, un ruscello scorreva: acqua limpida e fresca. Poco più in là, un laghetto, anch'esso limpido e azzurro. Vari tipi di sassi, dai colori strani, alcuni veri minerali, altri più poveri.
Si udivano i versi della natura; la montagna respirava, la montagna mi parlava, mi sussurrava i propri segreti; sentivo il gorgogliare dei ruscelli, il fruscio degli alberi mossi dal vento, il rumore dell'erba che calpestavo. Ramoscelli caduti venivano spezzati dai miei passi.
Proseguendo, incontrai una sorgente; l'acqua pareva bollire, ma, dall'oscura terra, giungeva in superficie aggiungendosi alle altre meraviglie del creato. La terra era bagnata, sembrava fosse appena piovuto, ma l'acqua era penetrata nel terreno e, ad ogni passo, pareva calpestare una spugna.
Ma le montagne non sono tutte così dolci, con rilievi che sembrano onde, vi sono i monti aguzzi, aspri, con cime elevate che anche in primavera restano innevate. Su, più in alto, questa montagna era così: roccia grigia, inquieta, quasi paurosa... tra quella pietra, arida, rari ciuffi d'erba ed un fiore, il fiore delle Alpi, la Stella Alpina.
Notai i vari strati di roccia, alcuni chiari e altri più scuri, ma tutti orientati nella stessa direzione. Appartenevano alle varie epoche. Questa montagna ha visto, ha assistito alle molte guerre della storia; è stata testimone delle molte migrazioni dei popoli che l'hanno attraversata. Testimone remota, sorte in un tempo sperduto...
Le sue creste aguzze, tagliavano il vento che le percorreva, come un coltello taglia il burro. I pendii, battuti dal vento, erano spogli e assenti d'alberi e di terra, solo roccia e nient'altro. Il vento non si arrestava, continuava a soffiare, come un treno senza meta. Sembravano ululati tristi, soli in quel deserto.
Ma ecco che continuando a camminare, trovai uno specchio d'acqua, che rifletteva l'immagine e i picchi della montagna. Due picchi di due cime distinte; i due opposti: la fertilità e l'aridità, il paese ed il deserto.
Era giunta la sera, e, stanco, dopo quella lunga passeggiata tra i boschi, ripresi la via di casa, speranzoso di ripetere quest'esperienza.
Mentre camminavo, verso il paese adagiato ai suoi piedi, la regina si coricò e il sole, assieme ai suoi raggi, prima di calare dietro di lei, l'accese di fiamme arancioni, poi le sfumò verso un rosso carminio, quindi la lasciò al buio troneggiare imponente negli ultimi bagliori della sera.
Ai piedi del Monte Pelmo - Valzoldana (Belluno)
L. L.
Giuliano
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