Da qualche giorno le mie foglie risentivano della scarsità di acqua e accolsi quindi con infinita gratitudine il flusso liquido che usciva dal collo verde della bottiglia inondandomi fino alle radici.

 

Dopo avermi sistemata su questo tavolino, accanto alla finestra, alcuni giorni fa, questa era la prima volta che tornava per accudirmi. Non ho molte esigenze, ma non posso vivere senza acqua e già temevo il peggio.

Dunque non era del tutto smemorato. Lo avevo giudicato male. Non sono in grado di indovinare il carattere di un umano, avevo capito solo, dal suo passo incerto e dai suoi gesti lenti, che doveva essere parecchio avanti con gli anni.

Aveva portato l’acqua proprio misurata e l’aveva versata lentamente, facendo attenzione a non spandere fuori del vaso.

 

“Luisa, guarda, le rose stanno rifiorendo. La potatura ha dato i suoi effetti!” esclamò all’improvviso, indicando con l’indice destro, distorto dai reumi, le rose in fondo al giardino, ma non compresi a chi si stesse rivolgendo. Per quel poco che potevo vedere io, non c’era nessun altro nella stanza.

“Sono le tue preferite, si apriranno tutte insieme e potremo godercele per qualche giorno, dobbiamo solo pazientare ancora un poco.”

Poi di nuovo, come stesse ragionando fra sé:

 “Ti ricordi che fioritura stupenda lo scorso maggio?” ma la voce ora si era fatta più dimessa: “Che vuoi pretendere, siamo a novembre: quel che arriva è già un miracolo.”

Accostò alla finestra una vecchia poltrona logora e sbiadita e vi si accomodò col giornale fra le mani; cominciò a leggere i titoli, a voce relativamente alta. Ma la stanchezza prese presto il sopravvento e si appisolò, prima che potessi capire a chi fossero dirette le sue parole.

Al risveglio, si alzò a fatica e si allontanò, assorto nei suoi pensieri, non prima di aver espresso qualche affettuosa parola di commiato alla sua misteriosa interlocutrice.

 

Ogni volta che tornava ad innaffiarmi, si ripeteva la stessa scena: versava l’acqua con cura, accompagnando i gesti con parole affettuose di saluto e con considerazioni per me oscure su eventi passati. Forse nostalgie di altre stagioni, ma anche consapevolezza del presente e serena accettazione della situazione:

“Luisa cara, è già tanto che possiamo ancora godere insieme il nostro giardino, senza farci mancare il necessario e qualche piccolo sfizio ogni tanto, senza rimorsi sulla coscienza. I ragazzi hanno i loro impegni, non dobbiamo chiedere nulla a loro, finché ce la facciamo. Vedi come stai bene ora? Mi sembri rinata: è bastato un po’ di sole e il tuo giardino!”

 

Non riuscivo assolutamente a comprendere il senso di quei discorsi, ma in fondo a me interessava l’acqua e quella era assicurata. Il terriccio del vaso era ben concimato e stimolava la mia crescita. Però cominciai a chiedermi fino a quando sarebbe bastato a nutrirmi.

Il mio benefattore forse non era a conoscenza dei miscugli chimici necessari per reintegrare di preziosi elementi la terra e, una volta esauriti, per me sarebbe stata la fine. Ma anche questa volta sottovalutai la sua perspicacia.

“Sai, quel Nino, quello che mi indicasti tu, è proprio una brava persona e se ne intende anche di piante. Avevi ragione, non è stato necessario chiedere aiuto ad altri: due paroline a lui e ha sistemato tutto per bene, come tu volevi. I ragazzi non sanno nulla, non avrebbero capito.

Mi ha anche spiegato come regolarmi per mantenere verdi le foglie e stimolarne la crescita: mi ha portato del concime adatto; devo solo dosarlo e aggiungerlo ogni quindici giorni all’acqua delle innaffiature. Non mi sono mai dimenticato di farlo. Vedi che ci sto ancora con la testa? E tu che avevi paura che facessi pasticci.”

Respirai profondamente da ogni più piccola foglia: ero salva! Ma ancora non capivo.

 

Fu quando, nel suo chiacchiericcio lento e sommesso, disse qualcosa a proposito di un viaggio, che accadde una cosa inspiegabile: improvvisamente le sue parole mi suscitarono una visione, un luogo diverso da questo, un’enorme massa di acqua scura in movimento, troppo vicina alle mie foglie e sole cocente. Allora percepii anche un odore forte e acuto, che sicuramente non arrivava dall’acqua delle innaffiature. Fu un attimo, ma bastò a sconvolgermi. Mi sentii posseduta da qualcosa di estraneo, perché quella visione non mi apparteneva. E come avrebbe potuto? Non ero mai stata altrove, se non nel vivaio e dietro questa finestra. Lui parlò di m… mare, sì, credo fosse mare, onde, villeggiatura… luoghi che non conoscevo, ma che ormai sono presenti nella mia mente, come se li avessi visti io stessa.

Cominciai a preoccuparmi. Le strane visioni continuarono a ogni suo racconto e nessuna mi apparteneva. Entravano in me ascoltando la sua voce e assorbendo, attraverso le radici, l’acqua che mi donava. E non solo.

Mi pareva che il mio benefattore si stesse affezionando a me, tanto da guardarmi con occhi diversi e quando, durante uno dei suoi strani dialoghi con l’invisibile Luisa, cominciò anche a sfiorare con le dita le mie foglie, ebbi improvvisamente un fremito, piacevole, come se mi stesse trasmettendo il suo calore.

Sapevo che molte persone amano parlare con le piante e le curano amorevolmente, ma non avrei mai sospettato che anche noi vegetali potessimo percepire quel loro affetto in modo tanto forte.

 

“Mi sono accorto, sai, che quando ti parlo di noi, dei nostri ricordi, tu mi ascolti e mi comprendi. Se me lo avessero detto, non ci avrei mai creduto, ma ora so.

Per fortuna ti ho dato ascolto ed ho seguito alla lettera le tue ultime volontà, anche se quasi mi pareva di disonorare i tuoi resti terreni. Ma ho lasciato fare come tu avevi predisposto. Ho dato a Nino carta bianca e lui ha seguito le tue precise disposizioni.

Luisa, amore mio, compagna di un’intera vita, ora ho capito. Tu sapevi. Sapevi che saresti tornata a me attraverso la linfa che scorre nelle vene di questa umile pianta: ci hai sempre creduto.

Le tue ceneri che io, per obbedire al tuo desiderio e con tanta devozione, ho lasciato mescolare alla terra di questo vaso, sono entrate in lei e tu stessa ora rivivi in questa pianta e ascolti le mie parole.

Ora ti vedo sorridere, so che sei finalmente serena, perché tu hai voluto questo, perché potessimo ancora restare l’uno accanto all’altra, finché anch’io… non so neppure come e dove, ma sicuramente ti raggiungerò.

Aspettami Luisa, vedrai che non tarderò.

Buonanotte, tesoro.”

 [09/12/2009]   

 

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Testo composto per un gioco narrativo con il seguente incipit: “Da qualche giorno le mie foglie risentivano della scarsità di acqua e accolsi quindi con infinita gratitudine il flusso liquido che usciva dal collo verde della bottiglia inondandomi fino alle radici...”

 

 

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