Mi sono arrampicato su gusci vuoti

distratti melograni adornavano le dita

e usignoli senza ali fischiettavano note

che del tempo senza tempo fu rovina

e rovina fu di un tempo senza storia.

 

E nella storia sorge il tuo bel canto

che fu essenza di te e di me, di noi,

noi assenti e presenti nell’attimo

eppure vivi nel sogno e del sogno riflessi

come archi infiniti nelle distonie.

 

Se, forse, noi, oppure pianto, non conosco,

non so comprende i graffiti delle parole

parlo solo di te , di me, di noi, del canto,

del rifiuto di comprendere l’immanente.

 

Non v’è peccato, non c’è vergogna, altro,

non dissipatezza nelle parole, ne pudore,

un silenzio assordante ricopre il guscio

l’usignolo si riveste d’ali e vola, addio incanto.

 

 

 

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