Mi sono arrampicato su gusci vuoti
distratti melograni adornavano le dita
e usignoli senza ali fischiettavano note
che del tempo senza tempo fu rovina
e rovina fu di un tempo senza storia.
E nella storia sorge il tuo bel canto
che fu essenza di te e di me, di noi,
noi assenti e presenti nell’attimo
eppure vivi nel sogno e del sogno riflessi
come archi infiniti nelle distonie.
Se, forse, noi, oppure pianto, non conosco,
non so comprende i graffiti delle parole
parlo solo di te , di me, di noi, del canto,
del rifiuto di comprendere l’immanente.
Non v’è peccato, non c’è vergogna, altro,
non dissipatezza nelle parole, ne pudore,
un silenzio assordante ricopre il guscio
l’usignolo si riveste d’ali e vola, addio incanto.
Carmelo
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