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è il suono del pollice.

E dell’indice.

Che premono sugli occhi. Chiusi

“mioDddio” dicendo,

in quella poca pace

della danza senza suoni.

Se ne va intanto il mondo

per la sua strada inattesa

tra ‘l nero e l’accecante bagliore

mentre tu pensi e ripensi al profumo

di quell’intima rosa scarlatta

e rivivi il sapore delle gocce dorate del miele,

ore sparse sul campo erboso

d’un laico memoriale.

Il suono del pollice.

E dell’indice.

Che premono sugli occhi. Chiusi,

ti dice del sole. Che rende la notte

assai più dolorosa,

“mioDddio” pensando

in quella falsa pace

al luogo che raccoglie le ipotesi sfiorite.

E se ne va intanto il tempo,

perdendosi nell’universo

per la via dei sogni senza storia.

Ma sa, la poesia

- che ha riccioli biondi e vede e guarda

il mare e allevia i giorni tristi e l’improfuma -

che sta sul foglio in cui il poeta

al sangue suo di versi s’abbandona:

Eterna

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