L’alba dilata interstizi di lato.
Si, vero, muoio le poche parole.
Anche se uniti avevamo cantato ragione,
a sera avevo quella e innumerevoli opposti.
Una cosa è tale ed è altra comunque,
ma anche tal altra ancora, disconosciuta.

Preferisco notizie che rallegrano tutti i miei cuori
perché certi solidali clamori 
mi riempiono l’anima di prestigiosa desolazione.
Vincemmo la vita, avremmo dovuto viverla
e per raggiungere verità 
manchiamo l’umanità.

Di quante moltitudini eccelle un niente
ne ho mal di testa al cuore.
Allora ho camminato nelle ore di cielo
e, senza scegliere, sono impersonale paesaggio 
che un grembo d’azzurro ama guardare.
E’ così che mi accorgo di me.

Poi penso che in quel cielo non sono mai stato
ed è anche tardi, ormai facciata grigia.
Così, dentro di me, esisto qui fuori.
Un pomeriggio imbrunito sul tavolo.
Lo so, ma certe parole vivono senza me, il mio vissuto.

Nonostante sporgenze di pensieri frapposti
godo della impersonale calma del niente.
Quel niente che non fa caso al nulla.
Senza perplessità, 
senza fiato,
senza tutto e..

tutto accade dentro un brivido
mentre invento ritornelli improponibili
canticchiati solo in mente.
Respiro quel fiato privilegio di dio,
prolungando quello stallo mio
tra un soffio e l’altro, graziarmi dispnea.

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