Ali tarpate

Nelle tue mani ero il falco
incappucciato dal falconiere,
disorientato dal buio,
abbarbicato sul braccio
del suo aguzzino, unica certezza,
e il pappagallo con catenella
alla zampetta che fa del trespolo
il suo universo senza orizzonte.
E poi ero il merlo che saltellava
con ali e coda spuntati.
Avevo un cuore di rondine
che si lasciava morire
senza lo spazio del cielo.
E le tue braccia erano una morsa
che si stringeva di più
quando accennavo a dibattermi.
E mi facevi un bavaglio
di baci. Tu li allungavi ad arte
per ricacciarmi dentro la gola
quella parola fremente
(simile all’ala che spicca il volo)
che si affacciava sul labbro
come gabbiano sulla scogliera:
“libertà”, sacra parola.
Io, ali tarpate, temevo
di trascinare la vita
miseramente, senza il tuo corpo,
se mai l’avessi perso, il tuo corpo
che trasmetteva al mio vibrazioni
e fuoco e brividi e desideri
che ritenevo, per errore, unici.
Adesso so  che li avrei trovati
in un incontro anche occasionale,
senza pagare nessuno scotto,
senza impegnare la libertà,
senza bavaglio, senza cappuccio.

Ma quanto cielo mi sono persa
per quella gabbia neanche dorata
che, spudorato, chiamavi amore?

 

 

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