Busserò alla tua porta

quando più non ci sarai

e con il fiato corto

strappandomi i capelli

griderò la rabbia mia,

tutta, tutta la mia incredulità.

Busserò alla tua porta

che la bastarda mia fermezza

ha demolito in sogno

colto nei mille chilometri di ieri

e abbattuto pure al futuro

e non rammenta e non avanza

lungo la linea mia dell'orizzonte

lacerandone il cammino da Caronte.

Mille chilometri sono stati

quanto mille giorni di sordo rancore,

piovuti dal cielo in mille schegge

come frammenti d'un calice nuziale

che sparso intono a l'avara pioggia,

l'amara pioggia delle mie lacrime

ha frantumato, calice di fiele,

dal rombo del passato partorito

mentre ascoltavo il tuo dolore

lì dove batteva ignaro al mio lamento.

Ti ho toccato il cuore

lì dove palpita furioso, insolente,

ignavo di fosca intolleranza.

Nube ombrosa scesa dagli alti luoghi

ove pascolano, mute, le mie emozioni.

Ancora.

Busserò alla tua porta...

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