Ho ceduto l'anima affamata
ad un logoro diavolo senza mestiere,
per una scodella razionata,
in armi assoldato, apprendista fuciliere.
Chi cerca fuoco e un giusto pasto
in altra terra camminar, seppur affollata,
echeggia il tacco rintoccar contralto,
a rivelar strada scelta, notturna e desolata.
Ma sopra il torpore di necessità,
sfebbra un cielo che sul tardi raggela.
Un presagio ammalato di realtà,
dove la carne trema mentre il cuore spera.
E l'anima mia schiva e pellegrina
senza divise, senza preghiere,
indossa livrea di guerra assassina,
e di lezzo pirico d'un fuciliere.
Così il fetore pagano si estende,
dai selvaggi nativi, figli di cani,
sui banchetti della brava gente,
sui riccioli casti dei puritani.
Dall'indignazione parte uno sparo
e da questo fucile, due croci rotte.
Tu, morto prima che smette il respiro,
io morto di tutto tranne che di morte.
Non c'è notte nei bagliori intorno,
nessun silenzio, se di spari assente,
non c'è luce anche se verrà giorno,
perchè non c'è Est, nemmeno a oriente.
Francesco Marco Narrastrofe
61 352 64
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