Abbiamo sbagliato tutto. Negli ultimi vent'anni e più, abbiamo pensato che la Poesia fosse per tutti, che chiunque potesse essere un poeta anche se non aveva mai scritto un verso, persino una massaia mentre scriveva un pensiero scolando la pasta, o un manager d'azienda frustrato che buttava sul blocco note parole a caso tra planning e frustrazioni. E qualcuno di questi ha pure vinto un concorso. Ma tutti non erano pronti. Non erano puri. E abbiamo regalato perle ai porci, pubblicato le nostre incapacità, pianto per papà morti e cagnolini affettuosi, riempiendo il web di gabbiani e minestroni insipidi, affogando nei social e amando noi stessi più della poesia stessa, fino a che ci siamo chiesti se la Poesia fosse morta, finché pure Wikipedia ha deciso che la Poesia era ormai in una "posizione secondaria". Una moltitudine di vetrine agonizzanti chiede oggi a gran voce di essere cancellata. La poesia si ritira dal web con dignità, offesa come mai essa è stata nei secoli, salvo lasciare un segno onorevole della sua presenza, esempi di amore e sperimentazione, di idee ed evoluzione, con qualche segnale di resilienza e qualità per chi l'ama davvero, la cerca e la comprende nel suo significato originale, eletto, universale, ponendo se stesso all'ultimo scalino di questa storia infinita che onora la sensibilità delle anime e non un istante di protagonismo. Chi la vuole, la venga a cercare, chi ancora ci crede, negli angoli e nelle pietre dei luoghi della storia e dell'infinito, nelle librerie e nei sogni di chi la difenderà con passione e orgoglio fino al suo ultimo respiro.
Gli altri, gli "altri", facciano altro.

  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0