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Scritto da Gianfranco Pasanisi. Pubblicato in Prosa il 21 Feb 2017.
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Racconto con polifonia narrativa

 

 

 

Tra le fantasmagoriche luci, gli sfavillanti colori, la musica assordante e lo scampanellio di fine corsa delle auto da scontro, quella sera c’era una gran folla al lunapark in occasione della festa patronale del paese.

L’aria era satura degli odori delle nocciole pralinate, del torrone alle mandorle e dello zucchero filato.

 

Accattati i pesciulini

pi la gioia di bambini

 

Vociava una donna corpulenta da un chiosco illuminato con una luce al neon. Così dicendo, offriva dei pesciolini rossi guizzanti in una busta di cellophane trasparente, piena d’acqua.

Un uomo dai baffoni alla Stalin stava in piedi dietro un banchetto su cui erano esposte golosità dai vari colori. Si puliva le mani su un grembiule imbrattato da zuccherose essenze, invitando all’acquisto con una monotona tiritera:

 

Ciucculati, carameli, licurizia,

pi la gula na dilizia.

 

Un tipo smilzo con addosso una livrea sovrabbondante se ne stava in prossimità di un’attrazione realizzata in un container circondato da un incerto steccato. Invogliava un’immaginaria calca ad entrare un po’ per volta reiterando il suo frizzo:

 

Degli specchi il labirinto…

Non addossatevi al recinto.

 

In un simile baccano si distinguevano le grida festose dei bambini eccitati da tante meraviglie.

Un uomo teneva per mano il figlioletto trascinandolo a fatica, perché frignava e scalpitava nella pretesa di fare un ennesimo giro sul trenino, contro la volontà del genitore.

Una coppia di fidanzatini si sbaciucchiava davanti al tunnel dell’amore, aspettando il proprio turno dietro ad una lunga fila di altri giovani con le fregole.

Una majorette dalle lunghe gambe, lasciate scoperte da un’audace minigonna, agitava con movenze modulate due pompons al ritmo della discomusic cantando il proprio slogan:

 

Girano, girano le giostrine

per i bambini e le bambine…

La ruota gigante

è un’esperienza esaltante…

Dei mostri il padiglione...

costa un euro il gettone.

Avanti, avanti !

Non siate titubanti,

divertitevi tutti quanti.

 

Un ragazzino, col naso spiaccicato contro il cristallo di una vetrina, osservava un assopito ed immoto serpente boa che, avvoltolato intorno a una falsa ramificazione, serviva d’attrattiva per il rettilario situato in un capannone in cartongesso.

Il bimbo muoveva sul vetro il dito indice, a zig zag, nella vana speranza che il reptante, degno del suo appellativo, desse segni di vita e si decidesse a strisciare.

Il grosso boa, imperterrito, continuava a sonnecchiare.

Una deliziosa bambina, dalle trecce infiocchettate da nastrini rosa, affondava il suo grazioso visino in un’enorme nuvola di zucchero filato, mentre i suoi genitori, una giovane coppia, litigavano animatamente a voce alta.

In questo bailamme gli anziani che accompagnavano i nipotini si aggiravano con aria smarrita, un nonno camminava sostenendosi a un bastone, sua moglie tenendosi aggrappata alla figlia che sospingeva un passeggino, su cui sedeva, mezzo addormentato, un bimbo di pochi mesi.

D’un tratto si udì, prevalente sulle altre, la voce concitata di un’anziana signora. Piangente e avvilita urlava, indicando un giovane che si dava a gambe levate guizzando tra la folla e stringendo tra le mani una borsetta da donna.

‹‹Quel ragazzo mi ha rubato la borsa…Dentro ci sono i soldi della mia pensione e i miei documenti personali. Povera me! Come farò?›› Si domandava la derubata.

Lo smilzo strillone con un balzo si mise all’inseguimento dello scippatore ma la sua floscia livrea gli impedì di muoversi agilmente e il malvivente riuscì a dileguarsi.

Intanto, intorno alla sconcertata vecchietta si era formato un capannello di persone, mentre il trafelato e rantolante inseguitore tornava sconsolato, frustrato per non aver acciuffato il fuggitivo.

‹‹Fossi stato più giovane l’avrei bloccato io quel mascalzone.›› Disse con iattanza il vecchio col bastone e, agitando nell’aria il suo sostegno, guardò con sufficienza lo sfortunato imbonitore che, con la coda tra le gambe e il volto rabbuiato, esprimeva l’imbarazzo del proprio insuccesso.

‹‹Come mai anziché blaterare non ha chiamato i carabinieri?››Chiese il giovane padre che litigava con la moglie. Lo domandò senza rimodulare l’intensità della voce stizzosa che aveva usato con la consorte poco prima.

‹‹Chi l’autorizza a parlare con quel tono a mio marito? Egregio signore, lui è un colonnello dell’arma in pensione. Se proprio lo vuol sapere, ha già provveduto a chiamare col telefonino il 112.››Disse la distinta vecchietta con una vocina sottile ma decisa.

‹‹Il mio motto è sempre stato: efficienza e tempestività.››Rivelò con fierezza l’ex ufficiale, rivolgendosi tronfio al vasto uditorio in assembramento.

‹‹I giovani della mia generazione erano di un’altra pasta. Non erano smidollati come quelli di oggi.›› Seguitò ancora più impettito, alludendo al responsabile dell’inutile inseguimento.

Intanto sopraggiunse una gazzella dei carabinieri da cui scesero due giovani militari.

‹‹Bravi! Veloci ed attivi.›› Sintetizzò con orgoglio il colonnello.

Poi si incamminò nella loro direzione, facendo oscillare il bastone nel modo in cui si impugna la sciabola d’ordinanza, sospingendolo ora in posizione di presentat-arm, ora in posizione di fianc-arm.

Giunto al loro cospetto, si presentò esibendo un documento: ‹‹Sono un colonnello dell’arma in quiescenza. Sono stato io a far intervenire la vostra pattuglia.›› Esordì.

Le due reclute scattarono sull’attenti e, portando la mano alla visiera, salutarono militarmente il loro interlocutore.

‹‹Comodi, comodi… State pure comodi, ragazzi… Occorre informare la centrale operativa perché si attivino le ricerche del malfattore››.Comandò loro l’anziano ex ufficiale.

‹‹Già fatto, signor colonnello.›› Rispose quello che sembrava il più giovane e il più sveglio dei due.

‹‹Ho assistito alla scena del crimine e posso fornirvi le informazioni del caso. Come ho già riferito per telefono, a consumare il reato è stato un ragazzo dell’apparente età di venti …venticinque anni, alto, magro, capelli castani, presumibilmente di razza europea. Indossa un paio di jeans e una maglietta a righe.››

‹‹Ma si è rincretinito?›› Domandò il marito litigioso rivolto al vegliardo.

Poi continuò: ‹‹Credetemi! Si tratta di un giovane di almeno trent’anni, alto, robusto, di carnagione scura e dai capelli neri. Indossa sì un Jeans però la maglietta non è a righe ma a scacchi.››

Tutti volsero lo sguardo stupito verso di lui.

‹‹Lo sa che lei è un gran maleducato. Come osa dubitare di mio marito?›› lo redarguì la distinta signora.

‹‹Perché non lo chiediamo all’uomo in livrea?››Contrastò risentito l’interlocutore. Così dicendo, fece un cenno all’imbonitore perché si avvicinasse.

Questi, ancora boccheggiante, si appressò.

‹‹Può fornire ai carabinieri la descrizione dello scippatore? Lei lo ha visto bene e può contribuire alla sua identificazione.›› Dichiarò con sufficienza l’indisponente individuo.

‹‹Mi no’ so, no so dir… Mi corevo e no’ go visto gniente.››Rispose in veneto il frastornato strillone.

‹‹Iù  ci a istu tuttu ›› Sostenne un arzillo vecchietto, sfoggiando un paio di occhiali da miope dalle lenti spesse come un fondo di bottiglia.

<< Lu latru era nu signori di mienza età,  chiattusu,  capiddi castani  taiati curti, purtava nu pantalone nocciola e na maietta verdi in tinta unita.››Seguitò sicuro di sé.

‹‹Ma che dice… Lei non vede oltre la punta del suo naso. Per me ha ragione il colonnello. La maglietta, però, mi è sembrata di colore rosso.››  S’intromise l’avvenente majorette.

‹‹Lo dica anche lei.››Disse, rivolta alla bottegaia dei pesciolini.

‹‹ No sacciu di', so'  dialtonica.››Reagì questa con un certo rincrescimento.

Anche il signore dai folti baffoni alla Stalin ritenne di dover dire la sua: ‹‹ U' malacarni era iertu... trent’anni, chiuttosto cruessu, i capiddi longhi. Purtava nu jeans e na maietta a quadri. So sicuru, lu tenniu 'nanzi a li uecchi ››

A queste affermazioni il marito litigioso s’innervosì:

‹‹Ma che dice… Le ribadisco che si tratta di un giovane di almeno trent’anni, dalla carnagione scura e dai capelli neri.››

I due carabinieri si guardavano di sottecchi senza profferir parola, un po’ intimoriti dalla presenza dell’ufficiale superiore, un po’ sconcertati da testimonianze così discordanti.

I fidanzatini assistevano indifferenti al trambusto, continuando a scambiarsi teneri sbaciucchi e ridendo divertiti di tali divergenze.

In quel frangente giunse un’auto civetta dei carabinieri con un giovane ammanettato a bordo. Dalla vettura scese il capo pattuglia che, accostatosi ai colleghi in divisa riferì di aver arrestato il ragazzo in “quasi flagranza” di reato perché colto nel momento in cui cercava di liberarsi della borsetta dopo averla svuotata del contenuto.

La refurtiva fu visionata dalla derubata che  riconosciutala  come propria, si abbandonò a lacrimevoli ringraziamenti. Poi, accertatasi che tutto era stato interamente recuperato, riconoscente abbracciò i militari.

Lo scippatore fu fatto trasbordare dall’auto civetta alla gazzella.

In quell’istante tutti, quasi all’unisono, riconoscendo il ladro esclamarono:

‹‹È lui… È lui!  Ie iddu ! Chiddu eti ››

Si trattava di un giovane di ventisei anni, di media altezza, di razza gialla, dai capelli di media lunghezza che indossava un pantalone nero ed una bianca casacca indiana.

E ancora c’è chi si fida delle testimonianze !!!


Gianfranco Pasanisi

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