Parafrasando “Ossi di seppia” (Eugenio Montale), mi piace dare vita al residuo calcareo dell’osso di seppia spiaggiato ed inerte; il male di vivere……..prende vita con un semplice scovino, il dolore della vita stessa persa, rinasce e diventa un’araba fenice.
Buongiorno, non conoscevo questa pratica di scolpire un materiale tanto fragile da un lato e tanto rigido dall'altro. Questo mi suscita delle riflessioni di vita che quando ero bambina e mi ritrovavo tra le mani questo "pezzo di pesce" stavano alla finestra come chi cerca di vedere se chi abita lì dentro può essere, per così dire, disponibile.
Crescendo, a scuola, ho scoperto la raccolta di Montale e ora questa stranissima abitudine. Non mi è chiaro però, se questa modalità è solo dell'autrice o fa parte delle tante sfaccettature della cultura isolana...
Comunque grazie, devo dire originalissimo!