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No Potho Reposare
- Cristiano Sias
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Non è stato facile, ritornare nella mia terra. Nessuno qui mi ha teso una mano. Nessuno mi aspettava a braccia aperte, forse perché non c'è più nessuno. Già dai primi contatti, come sempre mi aspettavano le streghe dipoca, le sorelle disonestà, ipocrisia e cattiveria, notoriamente cieche come la dea fortuna. È stata dura. Ho sempre combattuto da solo, ma non so se ce l'avrei fatta senza il conforto dei miei figli lontani e la vicinanza immensa di una persona "esterna", la mia nuova famiglia.
Grazie, ora sono qui, nella mia isola, in tante battaglie ho ritrovato il luogo dove sono nato, le mie pietre, i miei orizzonti. Stavolta la posta in gioco era la vita. Mentre mi stavo spegnendo, dopo aver girato il mondo per decenni alla ricerca di qualcosa di cui ero stato privato, quando ormai disperavo di trovarla improvvisamente tutto mi è apparso chiaro: invece di cercarla negli altri, bastava che guardassi dentro di me.
Le braccia aperte adesso sono le mie. In silenzio.
Mi hanno detto: "Il paese non è più come prima, tutto è cambiato". Ho risposto: "Un luogo non cambia, esso si evolve immutabile nello sguardo e nel cuore. Voi siete cambiati.".
Pochi ascoltavano. Qualcuno si è offeso.
"Se ti addormenti con la voglia di vivere e ti svegli con la voglia di morire, prova a non dormire, prova a non svegliarti."
(Censurato da Facebook perché "viola gli Standard della community in materia di suicidio, autolesionismo e disturbi alimentari.")
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- Carmen Cantatore
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Cercherò di seguire anche se già so che non sarà facile, non ho ancora accesso al mio pc e spero che a breve potrò risolvere, vi abbraccio tutti, virtualmente.
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- Gisella Ruzzu
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Gisella Ruzzu
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- Carmen Cantatore
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Non perderò la positività necessaria per andare avanti ma sarò attenta alle emozioni che incontrerò.
Trovo delle comunanze con i vostri percorsi, ve ne parlerò strada facendo, cercherò di far tesoro di queste esperienze per non rimanere troppo ferita se la strada che ho davanti, ripensando Montale, sarà colma di "cocci aguzzi di bottiglia". Sono "felice" di essere rientrata...
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Nasco in provincia di Torino dove mio padre sardo e mia madre lucana emigrarono negli anni ruggenti dell'industria automobilistica, in cerca di lavoro e fortuna.
All'età di quattro anni sono stata "affidata" agli zii infertili (sorella paterna e coniuge) e quindi "consegnata" con un volo aereo nel giorno della festa di San Giuseppe in un paesino del sud ovest sardo. Ero per tutti un'aliena. Una piccola bimba ricciuta del "continente".
Tralascio i traumi infantili subiti per essere stata sradicata dal grembo materno e paterno per essere stata messa tra braccia surrogato di genitorialità, per altro una coppia di zii molto responsabili e coscienti, amorevoli a modo loro che mi diedero le prime istruzioni scolastiche (mia zia ci teneva tantissimo che arrivassi al primo giorno di scuola che sapessi già scrivere e leggere) e questo mi aiutò precocemente nella mia sensibilità di percezione degli altri e da tutto ciò che mi circondava.
Michela Murgia nei suoi precisissimi scritti che ci ha lasciato in eredità, descrisse molto bene la rete di relazioni familiari sull'accudimento dei "figli d'anima" pratica estesa in quegli anni e di cui io stessa sono testimone attiva.
Quest'Isola è stata un'insegnante ingiusta, rigida, severa e arida, moralista e matriarcale/patriarcale.
Con questo bagaglio all'età di otto anni, la mia famiglia originale mi ha ripreso con sé. Non sto a raccontare la sofferenza di una bambina che deve calcolare una spesa energetica per "ricominciare da capo" e riprendere in mano il ri-ambientarsi in un territorio diverso, frequentare una scuola progettata in un contesto di modernismo, amicizie, bullismo (l'accento sardo era oggetto di scherno benché le inflessioni regionali erano diverse) insieme all'insorgere di patologie di natura psicologica segnata com'ero dall'abbandono precoce subito da parte dei genitori (o almeno quello è quanto avevo percepito) e poi lo strappo dagli zii che per quattro anni mi hanno cresciuta nelle prime fasi di vita, e successivamente rientrare in questa terra quando mio padre ha deciso di "mollare tutto" a Torino perché doveva tornare in Sardegna e questo solo dopo cinque anni dalle mie fatiche di inserimento a Torino.
Quindi ultima tappa della mia esistenza, sono tornata nel sud-ovest sardo, fra campi di carciofi, ulivi, mandorleti, vigneti e poi spiagge e mare ma anche fabbriche, tumori e bullismo scolastico e di piazza.
Mio padre scoprì amaramente di non essere più il fratello "benefattore" che dal continente aiutava i fratelli, scoprì che venire tre settimane in vacanza e che non bastavano a colmare la sua nostalgia di madre e fratelli, era stata la sua sola "febbre" ingannatrice perché una volta rientrato nulla era come quanto in vent'anni di lontananza e sacrifici da questa Isola aveva sognato.
I rapporti conflittuali, la gente omertosa, le serpi covate in otri buie.
Nessuno che gli tendesse una mano, anzi la sua generosità di figlio fedele, onesto e operoso spesso venivano considerati scontati.
Per tutto ciò raccontato mi considero ancora oggi una nomade, non sento radici.
Nel tempo ho costruito anch'io la mia vita e la mia famiglia. Ma questa Terra e la sua gente non riescono a soddisfare le aspettative di crescita e benessere dei miei figli e di tanti giovani ormai adulti che vivono ancora nell'assistenza affettuosa delle famiglie.
E' inesistente una politica degna di questo nome. Ma questo non è un luogo per fare politica.
Chiedo umilmente perdono per aver preso molto spazio sotto lo sfogo di Cris per raccontarvi di me, probabilmente un bisogno intimo di aprirmi per tanta sofferenza sedimentata, dato che un altro grande mistero di questa Terra è la diffidenza oltre che il silenzio, dove solo i venti hanno suono.
Grazie Cris e ben rientrato fra queste braccia matrigne, se posso darti un consiglio è quello di godere di ciò che le naturalezze di quest'Isola sono in grado di offrire. Perché se ti perdi in esse la tua anima riuscirà a lenire le tue aspettative ferite.
Un abbraccio e
Un caro saluto a tutti
D.
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La tua storia personale , quel sentirti nomade senza radici, i rapporti conflittuali, la gente omertosa e quelle strade in salita , le serpi e il silenzio atavico che contraddistingue noi isolani è una caratteristica a volte pesante da digerire , soprattutto per chi, come te, non è rimasta sempre nello stesso posto. Il problema è, tu lo sai bene, sentire “nel sangue” l’appartenenza comunque all’isola, la sua voce ci appartiene, il suo sangue ci appartiene, il suo grido ci appartiene, la sua bellezza a volte selvaggia ci appartiene e come se avessimo sentito un tradimento il nostro allontanamento dalla “madre” che ci ha generati, vogliamo ritrovare, ad un certo punto della vita, le radici e riallacciare il cordone ombelicale. Purtroppo, quando il bisogno di quelle radici diventa forza vitale e si ritorna dopo tanto tempo, ci aspettiamo di ritrovare ciò che abbiamo lasciato così come era conservato nei ricordi, ma il trascorrere del tempo è impietoso, tutto cambia e tutto si evolve e non sempre positivamente. Gli affetti di una volta non ci sono più, quello scoglio che amavamo non c’è, quella pineta sul mare adesso è soffocata dalla gente, spiagge meravigliose adesso sono piene di hothel e case di lusso. Tutto è diverso! Cosa fare allora per curare le aspettative ferite?
Me lo sono chiesta spesso ultimamente.
Il tuo consiglio rivolto a Cris (mio amico reale), sento di rivolgerlo anche a te. La Sardegna è un’isola meravigliosa e ascoltare il suono dei suoi venti può diventare una musica armoniosa se si accettano il nostro essere cambiati e la staticità di chi non si è mai allontanato. Le radici, comunque sono ben radicate, basta innaffiarle di tutte quelle cose belle (arte, bellezza, poesia, natura , ascolto ecc) che la vita può offrire, dimenticando ciò che ci ha fatto soffrire.
Dai Daniela, sento che ce la farai, vieni qui quando vuoi, ti aspettiamo
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- Cristiano Sias
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- tanti
_ ...forse è stato uno sbaglio, ma non è una ragione per odiare il proprio paese.
_ Odiarlo? Morirei per lui.
_ Ma allora, che cosa vuoi?
_ Io voglio, loro vogliono, e ogni ragazzo che è venuto fin qui (omissis) e ha dato tutto quello che aveva vuole...che il nostro paese ci ami quanto noi lo amiamo.
Grazie.
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