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      La morte aveva vibrato il colpo della sua scure ed aveva trasformato il mio essere

     Disprezzavo Dio. Eppure durante la malattia di Liliana mi ero rivolto a Lui con umiltà, sperando in un suo sguardo benevolo e misericordioso. Ma non avevo visto i segni della sua magnanimità e generosità.

Il mio grido di disperazione e di aiuto non era stato ascoltato e l’ultima traccia dei buoni sentimenti era scomparsa in me, vanificata dal dolore e dalla delusione.

    Come Giobbe chiamavo Dio a giudizio, “Al giudizio della ragione umana, che nella sua limitatezza non comprende le ragioni dell’onnipotenza divina

     Con la mia pochezza tentavo di scrutare l’imperscrutabile e intanto mi servivo di Dio a mio piacimento, lo cercavo e lo rinnegavo a seconda del mio comodo, ora implorandolo, ora imprecando contro di Lui.

    Superbo e spavaldo lo avevo sfidato coinvolgendolo negli accadimenti della mia vita, lo avevo chiamato a rendere ragione di sé ponendo a Lui le domande le cui risposte dovevo trovare in me, nella mia anima, nella mia spiritualità.

     “Riconciliati con Lui e tornerai felice” era il compendio delle parole del medico che ripetevano quelle pacificanti di Giobbe.

                     

                      “Le anime dei giusti, sono nelle mani di Dio

                       Agli occhi degli stolti parve che morissero;

                       la loro fine fu ritenuta una sciagura,

                       la loro partenza da noi una rovina,

                       ma essi sono nella pace. ’’

 

    Liliana viveva nella pace e finalmente comprendevo come “Una giovinezza, giunta in breve alla perfezione, condanna la lunga vecchiaia dell’ingiusto”.

     Meditavo sulla dignità e il valore della sofferenza liberamente accettata ed offerta.

    “Vorrei strapparmi l’anima…se non avessi il peso della mia anima” erano state le frasi rivelatrici di Liliana, indicative di una verità che non avevo saputo cogliere: la sofferenza è nel corpo, nessun tormento tocca l’anima dei giusti e nell’anima c’è Dio nella sua infinita Sapienza.

   “Se la vita e l’anima esistono dopo la morte, la morte è un bene per l’anima perché esercita meglio la sua attività senza il corpo”.

    E se con la morte l’anima entra a far parte dell’Anima universale, che male può esserci per essa? “(Enn.,I,7,3) 

    Vedevo le singole anime come unite in un tutt’uno a rappresentare l’anima universale.

                                                                                                                                                                                            

                         Beatus qui horam mortis suae

                         Semper ante oculus habet,

                         Et ad moriendum quotidie

                         Se disponit

 

    Beato chi ha sempre davanti gli occhi l’ora della sua morte ed a morire di giorno in giorno si dispone.

 

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About the Author Gianfranco Pasanisi

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La vita è seria, l'arte è gaia. (F.Schiller)
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