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                                                                             Violetta VALERY: È strano! Cessarono gli spasmi del dolore

                                                                                                      In me rinasce…m’agita insolito vigore.

                                                                                                      Ah! Io ritorno a vivere

                                                                                                      (Da: “La Traviata” di Verdi)

                                                                           

      Eravamo soli.  La tenue luce di una abat-jour diffondeva un soffuso chiarore nella camera da letto.

     Nell’ambiente ancora si aspiravano gli odori di una colazione da poco consumata dai ragazzi. C’era un silenzio inusitato somigliante al silenzio di una corsia di ospedale nell’orario di riposo dei degenti: il silenzio della sofferenza cui ci si è rassegnati.

     Entrai in camera, alzai le tapparelle: il bagliore del sole inondò la stanza. La luce più intensa mi permise di guardare il volto di Liliana che spuntava dalle coltri come una marmotta, che curiosa e timida si affaccia dalla tana. Mi parve più distesa e rilassata. Aprii le imposte; ci giunsero i rumori della città e le voci della natura: il rombo di un’auto, il garrire di un passero, un lieve stormire di foglie.

     - Che bella giornata -  mi disse.

     - Se mi sentissi in forma, farei volentieri una passeggiata sulle “alte”.

     - Devi pazientare ancora. Quando sarai perfettamente guarita, riprenderemo le sane e care abitudini - le dissi.

     Perfettamente guarita! Che illusione e, soprattutto, che pietosa bugia.

     Sapevo in cuor mio che la guarigione di Liliana restava uno speranzoso desiderio che solo un miracolo poteva esaudire.

 Ostentando un’aria di normalità mi avvicinai a lei e le sussurrai:

     -  Ti preparo un caffè?

     -  Si lo prendo volentieri. Rispose sommessamente accompagnando le parole con un cenno della testa.

     Poi abbozzò un sorriso inarcando le sopracciglia quasi si vergognasse di concedersi tale privilegio.

     Preparai la bevanda, la versai nelle tazzine riposte su un vassoio sul quale vi posai un fiore, disposto con gli altri in un vaso.

     - Oggi ci dedichiamo solo a noi -  le dissi mentre mi apprestavo a sistemare il tête à tête sul comodino.

Lo sconforto iniziale si trasformò in un tiepido ottimismo. Vivevo momenti di estremo trasporto. L’infermiera l’aveva lavata e pettinata, raccogliendole i capelli sulla nuca. Mi   apparve bellissima…come quando l’avevo conosciuta. Lei non era la stessa di dieci anni prima, ma cosi pulita, così acconciata, la sua restante bellezza si esaltava e i suoi tratti somatici mi ricordavano quelli che prima della malattia le erano stati propri. Il letto era stato rifatto con lenzuola fresche e profumate di bucato. Sembrava che fosse stato predisposto da mani complici e compiacenti, per un consesso d’amore. La sua pelle detersa aveva acquistato nuova vitalità. I pori non trasudavano più l’odore della chemioterapia e la rinnovata freschezza faceva vibrare i miei sensi.

 

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About the Author Gianfranco Pasanisi

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Ogni anima è uno specchio vivente dell'universo. (Leibniz)
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