Non so, credimi, non so                                                                  

come poterti parlare dei colori dell’alba

perché sarebbe come se il dire sia non dire

ciò che forse non vorresti mai sentire!

E se non so spiegarti, come posso

cercare di poterti regalare un fiume in piena

che sempre emerge dal buio universale

e leggero come vela, muove silenzioso

senz’acqua, aria, forma, voce, senso

elargendo amore, odio, allegria, dolore!

E in felice o angosciante pazzia

penso che il bianco sia nero e il buio luce!

Ma che ci posso fare, se non so

non so perché non mi sostiene il sentiero 

e cerco di percorrerne le vie

cosciente d’inoltrarmi nella selva senza tempo

ogni qualvolta mi ritrovo in questo stato!

Ma che ci posso fare?

Ero nella buona strada, pensavo

e non immaginavo un’altra vita

e tanto meno il rivoltare d’esistenza

che proietta nel dolore, rivedendo quell’inutile passato

che ogni giorno organizzavo e non capivo.

Come un soldato, disponibile ai solleciti mentali

filavo concentrato sulla meta

in una vita variegata

come tante centinaia di migliaia ho conosciuto

e volentieri mi associavo, come loro verso me.

Ma che diavolo avrei dovuto fare ?

Ero fatto così! E stavo bene; sì

perché mi sentivo padrone di me stesso

e non potevo immaginare di sposare quella vita

con un’altra sconosciuta, e tranciare certi fili

collegati al mio corpo che adoravo alla follia!

Cinquanta lunghi anni hai impiegato

a modellarmi per l’ascolto del silenzio

e mi costringi a rivedere quel passato!

E dovrei anche ringraziarti?

 

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