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Acini e arnie
- Cristiano Sias
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Tu, contadino che strappi gramigna
fra gli acini caduti dalla vite
e mostri ai rovi fiero la scigrigna
non stupirti se trovi margherite.
Sorsero come timidi germogli
pacati nel parlare e sorridenti,
il dubbio insinuando in altrui fogli,
odio nel guardo con l'amor fra i denti.
Della lingua deriso il verso fiero
dai petali risorti in terra incolta
la folla fu a contendere il sentiero
d'amar desiderosa un'altra volta.
Mentre piangeva Italia sopra il verbo
d'ogni infinito ed infangato vate
dalle pietre sortì l'oltraggio acerbo,
in volgo urlante non serve ch'urliate.
La troppa solitudine nel mondo
d'ogni loquace uomo fa un profeta,
squallore ne risveglia il bassofondo
quando menzogna è ancora la sua meta
e se mente si scherma e si fa dura
dall'ombre il cuore non afferra il senso,
dal buio reso opaco e da calura,
d'arnie ricolme del miele più denso.
O villico, uguale in varia storia
nell'ardua strada dei poeti magni,
d'ogni frustata vanità si gloria
nella stalla non ti convien si lagni.
(Quando tutti disapprovano tutto ciò che fai, per soddisfare l'immagine che loro hanno di te, non è mai troppo tardi per realizzare se stessi)
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Gli endecasillabi e le rime alternate le avevo già notate, ma altro mi sfugge e nessuno m'aiuta... cos'è quell'oltraggio acerbo sortito dalle pietre? E perché sembra sempre trionfare la menzogna? Bella e velata... questa Poesia!
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- Cristiano Sias
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