ABBIAMO DECISO DI METTERE IN PAUSA IL GRUPPO FACEBOOK, perché ha ormai esaurito la sua funzione primaria di comunicazione poetica e sociale nella quale crediamo e che ne aveva spinto l'apertura. Nemmeno in un mondo virtuale la realtà può essere ignorata: quando si costruisce una casa nei pressi di una discarica, non si fa certo l'ingresso sulla discarica, ma avevamo pensato che potesse essere un luogo di incontro, come l'anticamera di una realtà positiva. Con questo non vogliamo dire che Facebook sia una discarica, ma di certo non è più una realtà positiva.
Non si può crescere e confrontare arte e letteratura in una piazza che si trova agli antipodi del nostro amore per la poesia, un luogo che privilegia ed esalta la persona, mettendola al centro del mondo, ma di fatto soffocandola per controllarla e appiattirla. Una vetrina illusoria ed effimera e la manipolazione delle menti per fini puramente commerciali sono esattamente il contrario di quello che vorremmo. È anche successo che ultimamente qualcuno, più egocentrico e presuntuoso che artista, ci abbia scambiato per una piazzetta dove mettere il suo banchetto di novità, magari togliendo spazio a qualcun altro, o dar sfogo alla propria mania esibizionistica, senza la minima partecipazione o interesse per quello che gli stava intorno, e soprattutto per chi, in questa "piazzetta", lo ospitava.
Il tentativo di spiegarsi è finito con una porta sbattuta in faccia e la frase "Non voglio più sentire neanche l'odore dei tuoi gruppi", perché questo fa ormai il social nella sua costante involuzione dell'ultimo decennio: dandoti l'impressione di essere importante passa la nota livella su una società inerme e inconsapevole, rendendola egoista e insicura, modificando gradualmente regole e plasmando netiquette a suo piacimento in modo quasi inavvertibile per la gente, che si autoconsegna così automaticamente all'oblio futuro del nulla e alla raccolta di informazioni del potere.
La sensazione che ci si riduca a sopravvivere con e per un like è deprimente. È l'antitesi della comunicazione, alla quale si è sostituita in un ventennio la capacità di "influenzare" dei masters professionali di aziendale memoria. Oggi le tecniche si sono raffinate e lo dimostra lo spreco di cervelli a cui assistiamo quotidianamente. L'utopia finale, la maschera, della condivisione, in cui tutto si prende ma nulla si dà, comincia a dare i suoi frutti. Solo che qui non ci sono solo dei manager di mercato, ma un'umanità intera e una quotazione in borsa.
Per tutto questo, se qualcuno pensa che il mondo possa ancora essere diverso, ci potrete trovare su www.nuovapoesia.com.
Grazie.
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