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Scritto da Gianfranco Pasanisi. Pubblicato in Prosa il 17 Dic 2016.
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Racconto di ambientazione storica

 

 

 

Il rappresentante di commercio Leo Maselli era particolarmente euforico: la vita gli arrideva, gli affari andavano a gonfie vele e si accingeva ad affrontare la giornata di lavoro con l’entusiasmo di sempre.

Aveva da presentare il nuovo campionario di stoffe per la stagione autunno–inverno e ciò gli infondeva speranza nell’acquisizione di cospicui ordinativi e lo caricava di una buona dose di ottimismo.

Presa fra le mani l’agenda del 1938, aprì la pagina del 15 Giugno e vi lesse gli appuntamenti giornalieri.

La prima visita programmata della mattinata sarebbe stata al negozio “Levi Tessuti” nel quartiere ebraico.

«Bene, bene!»Disse compiaciuto col suo abituale intercalare.

Poi si guardò allo specchio e diede un’ultima occhiata alla persona e all’abbigliamento.

Passò le mani sui capelli imbrillantinati, con i due indici si lisciò i baffetti sottili, si sistemò la giacca a quadri, molto di moda quell’anno, ed uscì di casa ponendo in testa il suo panama.

Parcheggiata sul viale vi era la sua Nuova Fiat Balilla Viotti 508. Vi salì, mise in moto e s’instradò cantando felice:

 

Saran belli gli occhi neri

Saran belli gli occhi blu

Ma le gambe… Ma le gambe

A me piacciono di piùùù

 

Si sentì pronto ad affrontare il primo cliente della giornata.

Felice com’era e forte dei suoi venticinque anni, avrebbe sfidato l’intero mondo; per ora andava alla conquista di Roma che in quella mite mattinata di fine primavera si mostrava più bella e accogliente del solito.

****

Quando entrò nel negozio di tessuti, il suo ottimismo cominciò a vacillare.

Pur sapendo quanto l’esercizio commerciale fosse ben avviato, egli con occhio attento, aveva intravisto evidenti i segni di una stasi di mercato, intuibile da un notevole quantitativo di scorte giacenti negli scaffali.

Era a conoscenza che la comunità ebraica romana si era insediata nella capitale da diverse generazioni, dedicandosi con profitto ad attività commerciali sempre più in espansione ma, ora nel quindicesimo dell’era fascista, l’integrazione razziale in Italia sembrava compromessa da un’ondata di antisemitismo che, inesorabilmente, cominciava a produrre i suoi effetti negativi anche sull’economia della collettività israelita.

Leo era immerso in tali pensieri, quando sentì una voce femminile che con molto garbo, gli domandava: «Desiderate qualcosa?»

Al rappresentante, che nelle relazioni lavorative era abituato al lei, sembrò strano sentirsi dare del voi.

Poi rammentò l’ordinanza di Achille STARACE che, vietando l’uso del lei, aveva introdotto il voi, sia nel linguaggio scritto che  in quello parlato.

È necessario che mi abitui a questo nuovo modo di parlare, disse a se stesso Maselli e, mentre si riprometteva di attenersi alle nuove disposizioni, sentì ripetere:

«Desiderate qualcosa?»

Alzò lo sguardo e vide la figura di una donna, una personcina esile e delicata che con un sorriso smagliante gli si avvicinava compiacente.

Ne valutò gli anni e giunse al risultato che ella fosse pressappoco della sua stessa età.

«Mi scusi… oh, perdono, scusatemi.»

Si corresse.

«Credevo ditrovarvi il signor Levi.»

«Sono Sara, la figlia.»

Rispose la giovane donna e pronunciò quelle limitate parole con una tale grazia che Maselli si sciolse in uno strano languore.

Gli occhi di Sara si ravvivarono d’insolita luce: quel giovane così fine ed elegante le piacque... e non poco.

Maselli, riprendendo con difficoltà un tono distaccato e professionale, si presentò:

 «Mi chiamo Leo Maselli e sono il rappresentante della ditta Lavorini – Tessuti.»

«Piacere.»

Rispose la ragazza, accordandogli la mano destra che il giovane accostò a poca distanza dalle labbra in un galante baciamano.

«Signorina, vorrei mostrarvi il nuovo campionario di stoffe: ve ne sono di molto belle e di gran pregio.»

Riprese il rappresentante, sicuro di farle cosa gradita.

«Le guarderei volentieri ma gradirei che vi fosse anche mio padre. Vi spiace tornare domani?»

«Volentieri, sarà una gradita occasione per rivedervi.»

Gli sguardi dei due ragazzi s’incontrarono di nuovo. Sara guardò Leo con due occhioni scuri e Leo guardò Sara con i suoi occhi azzurri. Entrambi nello scrutarsi si accorsero che erano attratti dalla loro diversità: lei bruna, lui biondo, lei ebrea, lui di pura razza ariana.

Bizzarra alchimia: i due giovani si erano innamorati.

 

Quando il mattino dopo Leo tornò al negozio, vi trovò nuovamente Sara che lo accolse con un seducente sorriso.

Indossava un abito da giorno “Schiap” di colore nero, completato da una fresca giacca attillata color giacinto.

I capelli lunghi fino al collo con la riga a destra, erano stati increspati con l’onda fredda, com’era di moda tra le signore borghesi dell’epoca.

L’abbigliamento e l’acconciatura esaltavano ancora di più la bellezza di Sara, rendendola, agli occhi innamorati di Leo, molto avvenente e fascinosa.

Questi non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, ormai era sommerso totalmente dal suo sentimento prorompente e in esso si crogiolava felice.

«Signor Leo, mi spiace che non abbiate trovato mio padre.»Disse, quasi sussurrando, Sara.

«È stato convocato dal rabbino della Sinagoga qui accanto, per questioni di rilevante importanza. Se volete, il campionario lo posso visionare io

Continuò, sfoderando il più disarmante dei suoi sorrisi.

Leo esultò:

«Certo, signorina. Sono ben lieto, di potervi essere utile.» Ribatté.

Fremente, galvanizzato, infervorato, si affrettò a tirare fuori dalla borsa la collezione dei tessuti che prontamente esibì a Sara.

La ragazza la esaminò con attenzione, voltando una per una le pezzuole del campionario, come si fa con le pagine di un libro, in cui si vogliono ripescare i punti più salienti.

La sua attenzione fu attratta da un tessuto particolare di cui tastava la consistenza, facendolo scorrere tra pollice e indice.

«Non ho mai visto un tessuto simile, prima d’ora.»

Disse Sara, rivolgendosi all’ interlocutore.

Il giovane si avvicinò.

Era frastornato dal profumo di quella meravigliosa creatura.

«È un tessuto che usa Paquin per le sue creazioni di moda.»Specificò.

«È un raso lucido, chiamato cirè, perché la parte esterna è cerata.»

Concluse il rappresentante, fornendo prova di grande competenza.

Così dicendo, prese una mano di Sara tra le sue e la fissò negli occhi.

Poco dopo i due corpi erano avvinti in un tenero abbraccio e le loro labbra erano unite in un bacio appassionato.

«Sara, ti amo. Vuoi essere mia?» Domandò Leo.

«Si.»Rispose molto semplicemente Sara, adagiando mollemente la testa sulla spalla di quello che ora sapeva essere il suo uomo.

   

****

Leo aprì l’uscio di casa canticchiando la strofa della sua solita canzone:

 

 

Quando noi vediam

Una ragazza passeggiar

Cosa facciam?

 

 

Aveva terminato il giro delle visite commerciali e aveva realizzato un buon guadagno. Ora, con la gioia nel cuore, era rientrato per il pranzo.

«Ciao, Livia.»Disse, salutando sua sorella.

Livia notò subito l’allegria del fratello e si domandò quale fosse il motivo della sua smisurata euforia.

Leo le cinse i fianchi e la trascinò in un volteggio che simulava un ballo, cadenzato dalla sua canzone.

«Lasciami, lasciami. Che ti prende. Cosa ti rende così allegro?»

«È che sono innamorato.»

Le rispose .

 «Ho conosciuto una ragazza al quartiere ebraico e me ne sono subito invaghito. Lei sarà mia moglie.» Continuò sicuro di sé.

«Oh Madonna Santa! Vuoi sposare un’ebrea?»

«Se lei lo vorrà, sì. Ci trovi qualcosa di strano?»Le chiese.

«No, ad amor non si comanda, ma credo che il vostro amore incontrerà non pochi ostacoli. Tra i fascisti e gli ebrei non corre buon sangue. Vi è una pericolosa recrudescenza di antisemitismo e la questione razziale è al primo posto nel programma del partito e del governo.»

«Non m’importa. Amo Sara e non arretrerò davanti a nessun ostacolo.»

Livia avrebbe voluto ribattere ma la risolutezza dei convincimenti del fratello, la fece desistere dal continuare la conversazione.

****

Leo e Sara s’incontravano in posti di preferenza poco affollati o dove non potevano essere riconosciuti. Sara, inoltre, usciva all’insaputa del padre, perché il signor Levi si era nettamente opposto al fidanzamento di sua figlia.

Nonostante le difficoltà, i due vissero la loro storia con molta serenità e con tutto l’entusiasmo della loro giovane età.

Continuavano a sognare una vita felice lontano dai tristi scenari rappresentati dagli altri, fiduciosi nel futuro del loro amore.

Ma la realtà cominciò a mostrare il suo triste volto.

Il 15 luglio sul Giornale d’Italia fu pubblicato “Il manifesto della razza” che potenziava la campagna antisemita ormai iniziata.

Il 18 settembre Maselli accendendo la radio ascoltò la voce tonante del Duce che da Trieste annunciava con la sua enfasi oratoria:

 

“Nei riguardi della politica interna il problema di scottante attualità è quello razziale. Anche in questo campo adotteremo le soluzioni necessarie. Occorre una severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze ma delle superiorità nettissime.”

 

Il discorso di Mussolini fu per il giovane come un catino di acqua bollente versatagli addosso.

Gli incontri tra i due fidanzati diventarono sempre più segreti e sempre più radi ma sempre accesi dalla medesima passione.

L’11 novembre il colpo finale.

Leo acquistò il Corriere della Sera e lesse qualcosa che lo lasciò frastornato.

In prima pagina e col titolo a caratteri cubitali vi era scritto:

“Leleggi per la difesa della razza approvate dal Consiglio dei Ministri. “

Provò profondo rancore e infinita rabbia.

Poi continuò a leggere:

“I matrimoni misti sono proibiti. L’appartenenza alla razza ebraica deve essere denunciata e annotata ai registri dello Stato Civile. “

<<Non riusciranno a separarci! >>

Disse tra sé e sé e, con un impeto di rabbia, accartocciò il giornale gettandolo in un cestino che era là dappresso.

 

****

L’amore di Leo e Sara superò mille difficoltà e sopravvisse anche agli orrori della guerra.

Essi si sposarono civilmente il 24 dicembre 1947, due giorni dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea Costituente della Costituzione Italiana che all’art. 3 recita testualmente:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione…


Gianfranco Pasanisi

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