Accadde un giorno, di prima mattina,
l’incontro fra la quercia e la piantina,
l’una un colosso reso alla sua folla
l’altra, più piccola d’una cipolla.

Disse il gigante: che fai qui bimbetta,
nessuno ti vedrà, suvvia sgambetta!
ed il bocciolo, a tutte le sue foglie:
sono il prodotto dell’antiche voglie.

S’oscura quello: tu parli di nulla
meno vivrai d’un fiore di betulla,
fece la piccola: ora sono sola,
presto ti pentirai d’ogni parola.

Mio padre fu Dante e disse: i’ vorrei,
mia madre era la musa agli occhi miei
ma non si sa com’era il bene e 'l male
prima di “sora morte corporale”.

La quercia ancora: povera piccina,
ti calmerai, con la prossima brina,
ma già passava il sole fra quei rami
e disegnava a terra i suoi ricami.

Sulla rugiada si riflesse il cielo
di quella brina fu tessuto un velo
con i colori dell’arcobaleno
e sulla noia rispuntò il sereno.

Accadde all’agorà della memoria
che si tradisse l’orma della storia
e se la libertà fermò sé stessa
libertà liberata è nuova messa.

Non solo assolti dal guardar in alto
gli orizzonti vedremo con un salto
vestendo a foglie questa prateria
con linfe e ninfe di Nuovapoesia.

 

(C.Sias 2006-2015)

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